L’articolo 81 del Dl 14 agosto 2020, n. 104 ha introdotto per la sola annualità in corso (anno 2020) un nuovo credito d’imposta, con l’obiettivo di incentivare gli investimenti in campagne pubblicitarie (incluse le sponsorizzazioni) in favore di:
L’agevolazione in discorso non riguarda le persone fisiche private, ma solo le imprese, i lavoratori autonomi (es. professionisti iscritti a casse private o all’Inps) e gli enti non commerciali che effettuano investimenti pubblicitari nei confronti dei richiamati soggetti.
Sono ammissibili al credito d’imposta:
Non tutti gli investimenti in campagne di pubblicità e in sponsorizzazioni sono ammissibili al credito d’imposta: sono espressamente escluse dall’agevolazione in rassegna, infatti, le sponsorizzazioni a favore di soggetti che aderiscono al regime forfetario di cui alla Legge 16 dicembre 1991, n. 398. Si tratta, in particolare, degli investimenti effettuati in favore delle «associazioni sportive e relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti, che svolgono attività sportive dilettantistiche e che nel periodo d’imposta precedente hanno conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a 400.000 euro».
Oltre alle sponsorizzazioni rese nei confronti dei richiamati soggetti (ossia quelli che aderiscono al regime forfetario previsto dalla Legge n. 398/1991), sono comunque esclusi dal credito d’imposta, come accennato in precedenza, gli investimenti effettuati:
Il credito d’imposta spetta a condizione che i pagamenti siano effettuati con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del D. Lgs. n. 241/1997, vale a dire:
Il credito d’imposta in parola è pari al 50 % degli investimenti in campagne pubblicitarie e sponsorizzazioni effettuati a far data 1 luglio 2020 e sino al prossimo 31 dicembre 2020, nel limite massimo complessivo di spesa pari a 90.000.000 euro (che costituisce tetto di spesa per l’anno 2020). Atteso che è previsto un ammontare di risorse limitato, consegue che qualora le risorse disponibili si rivelassero insufficienti (rispetto alla totalità di richieste ammesse al beneficio), si renderà necessario procedere alla ripartizione tra i beneficiari in misura proporzionale al credito di imposta astrattamente spettante, con un limite individuale per soggetto pari al 5 % del totale delle risorse annue, vale a dire nel limite massimo di euro 4.500.000 (90.000.000 euro * 5%).
Il credito d’imposta è utilizzabile, previa istanza diretta al Dipartimento dello Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, esclusivamente in compensazione nel modello F24, ai sensi dell’articolo 17 del Dlgs 241/1997.
L’agevolazione in rassegna non è ancora operativa. Con un apposito DPCM di prossima emanazione saranno stabiliti, infatti, le modalità e i criteri di attuazione delle disposizioni in esame.
Il trattamento fiscale delle spese di pubblicità e delle sponsorizzazioni
L’articolo 81, comma 5, del Dl 104/2020, dispone espressamente che il corrispettivo sostenuto per le spese in campagne pubblicitarie costituisce, per il soggetto erogante, spesa di pubblicità «volta alla promozione dell’immagine, dei prodotti o servizi del soggetto erogante mediante una specifica attività della controparte» e non “spesa di rappresentanza” (quest’ultima soggetta alle regole e ai limiti di deducibilità individuati dal Dm 19 novembre 2008 e dall’articolo 108, Dpr 917/1986). Di conseguenza, le spese di pubblicità, se rilevate in bilancio a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015 (2016, per i soggetti solari) sono interamente deducibili dal reddito d’impresa nell’esercizio di sostenimento, non essendo più possibile la loro capitalizzazione nell’attivo dello Stato patrimoniale (fatta eccezione per i costi di pubblicità sostenuti nell’ambito delle attività di impianto e ampliamento). Continuano, invece, ad essere dedotte secondo la disciplina fiscale previgente – ovverosia per intero nell’esercizio in cui sono stati sostenuti, ovvero in quote costanti in tale esercizio e nei quattro successivi – le spese di pubblicità capitalizzate nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2015 (o in esercizi precedenti). Tra le spese di pubblicità rientrano, a pieno titolo, anche le spese di sponsorizzazione sportiva, per le quali, ai sensi dell’articolo 90, comma 8, Legge 289/2002, «il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario». Il citato articolo 90, comma 8, Legge 289/2002, introduce, ai fini delle imposte dirette, una presunzione assoluta circa la natura dei suddetti oneri, che vengono considerati, nel limite dell’importo di 200.000 euro, sempre spese di pubblicità (Circolare 22 aprile 2003 n. 21): la parte di spese che eccede il predetto limite è deducibile, invece, in base alle regole generali in materia di reddito d’impresa (risoluzione 14 dicembre 2010 n. 57). In buona sostanza, se i corrispettivi eccedenti il limite di 200.000 euro sono erogati a fronte di un contratto che presenta tutti i requisiti formali e sostanziali riscontrabili in un rapporto di sponsorizzazione (o di altra prestazione pubblicitaria), essi sono deducibili come spesa di pubblicità. Con la recente sentenza n. 8540 del 6 maggio 2020, la Corte di Cassazione ha ribadito che le sponsorizzazioni di importo non superiore a 200.000 euro a favore delle associazioni sportive dilettantistiche costituiscono, per il soggetto erogante, spese di pubblicità, per presunzione assoluta di legge, ritenendosi altresì integrate, entro tale limite, l’inerenza e la congruità della spesa sostenuta.
In assenza di una specifica disciplina, le spese di pubblicità sostenute dagli esercenti arti e professioni sono integralmente deducibili nell’esercizio di sostenimento, in base ai criteri generali, in quanto la disciplina delle spese di rappresentanza applicabile in sede di determinazione del reddito d’impresa (di cui all’articolo 108, comma 2, Dpr 917/1986 e Dm 19 novembre 2008) rileva anche ai fini del reddito di lavoro autonomo professionale (Cm 13 luglio 2009, n. 34). Conseguentemente, anche nell’ambito del reddito di lavoro autonomo, gli oneri da non considerare come spese di rappresentanza (come le spese di pubblicità) devono essere identificati con i medesimi criteri applicabili con riferimento al reddito d’impresa.
Ai fini del corretto trattamento Irap delle spese di pubblicità e delle sponsorizzazioni, bisogna distinguere se l’impresa determina la base imponibile secondo il metodo da bilancio, ovvero secondo il metodo fiscale. Nello specifico, le spese di pubblicità e di sponsorizzazione sostenute:
Ai sensi dell’articolo 8, Dlgs 446/1997, le spese di pubblicità sostenute dagli esercenti arti e professioni sono integralmente deducibili ai fini dell’Irap nell’esercizio di sostenimento, secondo la stessa disciplina applicabile ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo.
Ai fini Iva, l’imposta assolta sulle spese di pubblicità non è soggetta a limiti particolari di detraibilità, a condizione che sia soddisfatto il principio di inerenza. L’inerenza si riscontra, in via di principio, nel collegamento tra il costo (di pubblicità) sostenuto e l’attività da cui derivano ricavi o proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa (Nota Dir. II.DD. 25 ottobre 1980 n. 9/2113). Con specifico riguardo al trattamento Iva dell’attività di sponsorizzazione, occorre considerare, inoltre, che l’erogazione di una somma di denaro per l’attività promozionale, da parte dello sponsor a favore del soggetto sponsorizzato, costituisce ai fini Iva una prestazione di servizi a norma dell’articolo 3, Dpr 633/1972, sicché il soggetto passivo Iva sponsorizzato sarà tenuto ad emettere fattura assoggettando ad Iva quanto ricevuto. Nelle sponsorizzazioni tecniche e miste, ove la prestazione dello sponsor è costituita in tutto o in parte da lavori, servizi o forniture, si realizza, invece, un’operazione permutativa, a norma dell’articolo 11 del Dpr 633/1972 e allegato A parte 2 del Dm 19 dicembre 2012. In tale ultima fattispecie, lo sponsor e il soggetto sponsorizzato saranno tenuti a fatturare separatamente le prestazioni reciproche facendo riferimento al valore normale dei beni e dei servizi interessati. Si segnala, infine, che con la recente risposta ad interpello n. 35 del 7 febbraio 2020, è stato chiarito che, ai fini del requisito territoriale dell’Iva, i servizi di sponsorizzazione si considerano prestazioni di servizi “generiche” di cui all’articolo 7-ter del Dpr 633/1972, sicché le prestazioni rese nei confronti di soggetti passivi Iva stabiliti in Italia devono intendersi rilevanti nel territorio dello Stato.