Quattro regimi per le nuove attività

Le alternative per chi intende aprire la partita Iva dal prossimo mese di gennaio 2018 sono quattro, ognuna rappresentativa di un diverso regime contabile e, conseguentemente, di un differente imponibile fiscale.
Non è possibile anticipare a priori, con certezza, quale sia il regime più conveniente per ciascuna categoria di contribuenti, ma occorre, di volta in volta, analizzare le diverse variabili adattandole al caso concreto, peraltro mettendo in conto possibili sorprese.
Le scelte possibili in sede di inizio attività sono le seguenti:
• regime forfettario (disciplinato dall’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 190/2014);
• regime di contabilità semplificata (articolo 66 del Tuir e articolo 18 Dpr 600/1973);
• regime ordinario “non Iri”, disciplinato dal Tuir;
• regime ordinario “Iri” di cui all’articolo 55-bis del Tuir.
Determinati adempimenti impongono scelte precoci: è il caso dell’implementazione dei libri contabili per il regime ordinario, o dei registri incassi e pagamenti per la “modalità di base” del regime semplificato.
Lo stesso vale per l’omissione degli adempimenti, come gli obblighi Iva per i forfettari.
Le variabili in gioco sono tante: in primo luogo è opportuno chiedersi quali siano i clienti del futuro imprenditore/professionista. Se si opera quasi esclusivamente con soggetti privati, un “regime di cassa” non serve a posticipare la tassazione sugli insoluti, ma la scelta per il regime forfettario può portare a incamerare la “rendita Iva” come differenza tra quella incorporata nei corrispettivi e quella assolta (senza detrazione) sugli acquisti. In presenza di cessioni a rischio insoluto o con tempi di incasso piuttosto lunghi – si pensi a chi opera stabilmente con enti pubblici – un regime di competenza può rivelarsi penalizzante.
Anche l’aspetto dei costi da sostenere entra prepotentemente in gioco: nel regime forfettario, sono astrattamente attribuiti in percentuale sui ricavi, mentre negli altri regime la deduzione è analitica, anche se può avvenire per competenza (regime ordinario) o in modo “misto” (regime semplificato).
Altro aspetto da considerare è la complessiva situazione reddituale del contribuente. In presenza di carichi familiari, oneri deducibili o detraibili rilevanti, una imposizione sostitutiva (quale quella forfettaria o quella prevista dal regime Iri) può rivelarsi controproducente, sottraendo capienza a tali benefici.
Un regime “a due livelli” come l’Iri conviene solo se si hanno redditi d’impresa piuttosto elevati che possono essere non prelevati per un certo periodo di tempo, altrimenti le complessità conseguenti all’opzione rendono inefficiente la scelta.
Spesso una decisione non basta.
Non sarà estraneo alla scelta anche l’onere amministrativo richiesto, che cresce al crescere della complessità del regime, pur nella considerazione che non sempre il disporre di pochi dati rappresenta la scelta migliore (si pensi ai rapporti con gli istituti di credito, con il Fisco, alle analisi di redditività e così via).

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