Rimborso chilometrico, cos’è e come si calcola

 

Quando un dipendente o collaboratore va in trasferta utilizzando la propria auto (o un’auto a noleggio) anziché quella aziendale, gli spetta il rimborso chilometrico. Si tratta di una somma che va calcolata secondo criteri ben precisi, che contribuisce al costo del personale dipendente e che deve essere inserito nella busta paga del lavoratore. Anche la tassazione di questo tipo di indennità segue regole specifiche, sia per il lavoratore che per l’azienda. Il rimborso chilometrico spetta a:

  • dipendenti;
  • amministratori;
  • soci;
  • personale esterno legato all’azienda da contratti di collaborazione, anche occasionale.

 

Quando un lavoratore appartenente ad una di queste categorie, per ragioni di lavoro, deve recarsi in un luogo diverso dalla sede abituale e per farlo utilizza una macchina propria o a noleggio, gli spetta il rimborso chilometrico. Discorso a parte va fatto per il tragitto casa-lavoro quotidianamente percorso dai lavoratori. Questo tipo di spostamento non si può considerare trasferta e quindi non va rimborsato né retribuito. Unica eccezione a questa regola riguarda i lavoratori senza una sede abituale di lavoro (come, ad esempio, i corrieri).

 

L’importo che spetta al lavoratore come rimborso chilometrico si ottiene con le Tabelle ACI (pubblicate in GU) incrociate con le informazioni relative al veicolo utilizzato dal dipendente per la trasferta:

  • tipo di veicolo (auto o moto);
  • modello e serie del veicolo;
  • tipo di alimentazione (benzina, diesel, ibrida, ecc.).

 

Basterà così moltiplicare il costo chilometrico indicato nella tabella per il numero di km dichiarati dal dipendente nel modulo di richiesta dell’indennità. E’ consigliato predisporre un modulo apposito da far compilare ad ogni dipendente/collaboratore che richieda il rimborso chilometrico, così da velocizzare il calcolo ed evitare errori.

 

La tassazione per il lavoratore segue questi principi generali, dettati dalla Circolare del Ministero delle Finanze n. 326/E del 1997:

  • per le trasferte all’interno del Comune in cui è situata la sede abituale di lavoro, il rimborso chilometrico è tassato come il resto del reddito;
  • per le trasferte extracomunali, il rimborso non è tassato purché sia stato calcolato secondo i coefficienti indicati nelle tabelle ACI;
  • in ogni caso, non è necessario che il datore di lavoro rilasci un’autorizzazione preventiva alla trasferta. In caso di controllo fiscale, sarà sufficiente esibire la documentazione fornita dal lavoratore e conservata dal datore di lavoro da cui risulti che il calcolo del rimborso è avvenuto secondo i criteri indicati dalla legge.

 

Dal punto di vista aziendale, il rimborso chilometrico rientra tra i costi di impresa ed è, quindi, deducibile: si tratta cioè di una cifra su cui l’azienda non deve pagare le tasse.

Attenzione però, ci sono dei limiti legati alla potenza dell’auto utilizzata per la trasferta, ovvero:

  • 17 cavalli fiscali per i veicoli a benzina;
  • 20 cavalli fiscali per veicoli a gasolio.

Se l’auto utilizzata dal dipendente supera questi limiti, la deduzione non potrà essere del 100%, ma andrà rimodulata consultando la tabella dei costi di esercizio per percorrenza annua, disponibile sempre sul portale ACI.

 

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