La crescente diffusione dello smart working ha aperto nuove frontiere per l’organizzazione del lavoro, ampliando la libertà dei lavoratori ma anche la complessità degli adempimenti per imprese e professionisti. In particolare, lo svolgimento del lavoro da remoto all’estero – all’interno o al di fuori dell’UE – comporta importanti conseguenze normative, fiscali e contributive, da affrontare con competenza e metodo.
Smart working e telelavoro: definizioni operative
Lo smart working (o lavoro agile) è una modalità flessibile di lavoro subordinato, regolata dalla L. 81/2017 e modificata dal D.Lgs. 105/2022, che consente lo svolgimento della prestazione senza vincoli fissi di luogo e orario, su base di accordo individuale.
Il telelavoro, disciplinato dall’Accordo Interconfederale del 9 luglio 2004, è una forma strutturata di lavoro a distanza, svolta in modo esclusivo al di fuori dei locali aziendali, con strumenti informatici.
Entrambe le forme possono essere svolte anche all’estero, ma con implicazioni profondamente diverse dal punto di vista previdenziale, fiscale e organizzativo.
Scenario 1: lavoratore subordinato in smart working da altro Paese UE
Il Regolamento (CE) n. 883/2004 stabilisce che ogni lavoratore è soggetto a una sola legislazione previdenziale. In via generale, si applica la legge del Paese in cui viene svolta la prestazione (lex loci laboris).
In caso di telelavoro transfrontaliero, dal 1° gennaio 2024 l’Italia ha aderito al Framework Agreement UE, che consente di mantenere la previdenza nel Paese del datore di lavoro se il lavoro svolto nello Stato di residenza è <50% del totale.
Per applicare tale eccezione, è necessaria una richiesta congiunta INPS-datore, tramite certificazione A1.
Esempio pratico: una dipendente italiana di una società con sede in Francia lavora da remoto dall’Italia per meno del 50% del tempo. Può restare iscritta al sistema francese, previa richiesta congiunta.
Scenario 2: dipendente italiano in smart working da Paese extra-UE
In assenza di accordi bilaterali, si applicano le regole generali: il lavoro da remoto in un Paese terzo può comportare l’obbligo di iscrizione alla previdenza locale e rischi di doppia imposizione contributiva. La valutazione va fatta caso per caso, tenendo conto della durata, della frequenza e del tipo di attività svolta.
Scenario 3: implicazioni fiscali
In base al principio di worldwide taxation, i residenti fiscali italiani sono tassati su tutti i redditi ovunque prodotti. Il lavoratore che risiede in Italia (anche solo per 183 giorni) è soggetto a tassazione integrale, anche se lavora da remoto per un datore estero.
Esempio pratico: un cittadino tedesco lavora da remoto per una società di Berlino, ma si stabilisce in Italia per oltre 6 mesi. Sarà considerato fiscalmente residente in Italia.
In caso di doppia residenza o doppia imposizione, si applicano le convenzioni OCSE, con criteri di prevalenza (abitazione, centro interessi vitali, soggiorno abituale, cittadinanza).
Rischio stabile organizzazione
Il lavoro da remoto dall’estero per una società italiana può esporre al rischio di creazione di una stabile organizzazione, con conseguenti obblighi fiscali locali, se il lavoratore ha potere di rappresentanza o svolge attività continuativa con clienti.
Beneggi e Associati effettua analisi preventive sul rischio di stabile organizzazione, valutando fattori oggettivi e contrattuali.
Requisiti per la compliance
Per attivare lo smart working estero in sicurezza, sono necessari:
- accordo individuale dettagliato;
- valutazione della normativa del Paese di residenza del lavoratore;
- verifica delle soglie temporali e qualitative per la residenza fiscale;
- gestione dell’informativa sulla sicurezza e della dotazione tecnologica;
- eventuale richiesta di A1 (se in UE);
- valutazione del rischio di stabile organizzazione (se lavoratore dall’estero per società italiana);
- coordinamento con consulenti locali per previdenza e fiscalità.
Lo smart working internazionale, se correttamente gestito, può diventare leva di attrattività e retention, ma solo un approccio strutturato consente di evitare errori costosi e contenziosi. Lo Studio Beneggi e Associati assiste aziende e professionisti nella definizione di policy di smart working cross-border, valutazioni fiscali e contributive, compliance A1, e nella gestione dei rischi internazionali.