Una recente pronuncia della Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia Romagna (sentenza n. 269/13/2025) rappresenta un precedente significativo per le società attive in settori soggetti a forte stagionalità, come quello turistico-alberghiero. Il caso ha riguardato una struttura ricettiva stagionale che, pur non avendo raggiunto i ricavi minimi presunti dalla normativa sulle società di comodo, ha dimostrato di svolgere un’attività economica reale e continuativa durante l’arco temporale di apertura.
Un contesto reale, non un’escamotage fiscale
La società in questione aveva presentato un’istanza di disapplicazione della disciplina delle società non operative ex art. 30, comma 4-bis della legge 724/1994 per l’anno d’imposta 2015. L’Agenzia delle Entrate aveva rigettato la richiesta, innescando un accertamento fiscale ai fini Irap. A differenza dell’Irpef, in regime di trasparenza, le maggiori imposte sono state accertate in capo ai soci.
Il punto di svolta è stato la documentazione fornita in sede giudiziaria:
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Presenze turistiche registrate: 2.825
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Ricavi dichiarati: 135.420 euro
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Dipendenti assunti: quattro
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Prove della crisi del comparto turistico-alberghiero nella zona termale
La Corte ha valorizzato questi elementi come prova dell’operatività economica effettiva, sostenendo che l’assenza di ricavi “minimi” non debba essere letta in termini assoluti, ma economici, rapportati al contesto di mercato.
La giurisprudenza di riferimento
La pronuncia si inserisce nel solco già tracciato da importanti ordinanze della Corte di Cassazione (n. 4946/2021, n. 26219/2021, n. 9339/2023, n. 13336/2023), che hanno affermato il principio per cui il contribuente può sempre offrire prova contraria alla presunzione di non operatività:
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Dimostrando l’attività imprenditoriale concreta
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Fornendo documentazione sulle condizioni oggettive che hanno impedito il conseguimento del reddito minimo
La ratio della norma non è quella di colpire imprese realmente attive ma con fatturati ridotti per motivi economici o congiunturali, bensì quella di disincentivare l’uso fittizio della forma societaria per detenere beni personali.
Strumenti difensivi per le società stagionali
In ottica operativa, le imprese con attività stagionali o localizzate in zone a rischio di contrazione del mercato turistico possono adottare una serie di misure difensive preventive:
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Documentare annualmente l’attività svolta (presenze, fatturato, personale)
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Accompagnare i bilanci con analisi di settore o report territoriali
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Inviare un’interpello disapplicativo ex art. 30, comma 4-bis della legge 724/1994 corredato da dati reali e oggettivi
Per i professionisti, diventa centrale il ruolo del commercialista nel valutare, anno per anno, la sussistenza dei presupposti per qualificare una società come effettivamente operativa.
Non solo turismo: un principio trasversale
Sebbene il caso specifico riguardi un hotel, il principio è applicabile anche ad altri comparti:
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Agricoltura e trasformazione alimentare con vendite stagionali
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Imprese di spettacolo e cultura legate alla stagionalità degli eventi
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Settori soggetti a crisi cicliche come la nautica o il commercio al dettaglio turistico
La sostanza economica dell’attività deve sempre prevalere sulla forma, come richiamato anche da altre sentenze (Cass. n. 4019/2019, n. 24314/2020, n. 10158/2020, n. 23165/2020).
Conclusioni e call to action professionale
L’inquadramento di una società come “di comodo” può comportare impatti fiscali significativi. La sentenza dell’Emilia Romagna insegna che è possibile difendersi efficacemente se l’attività è reale e documentata. Occorre dunque:
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Valutare preventivamente le soglie di operatività
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Preparare un’istanza di disapplicazione con un’analisi personalizzata
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Supportare i clienti nel costruire un dossier probatorio solido