La gestione degli aggiustamenti di transfer pricing (TP adjustment) è oggi una delle aree più sensibili per i CFO e i responsabili amministrativi dei gruppi multinazionali. L’evoluzione normativa e le recenti interpretazioni ministeriali impongono un approccio rigoroso, sia in termini di contabilizzazione sia di compliance fiscale. Con il correttivo Irpef-Ires approvato il 20 novembre 2025, il legislatore ha chiarito che gli aggiustamenti TP tardivi non rientrano nella disciplina degli errori contabili, salvo specifiche eccezioni. Questa scelta ha implicazioni operative rilevanti per la pianificazione fiscale e la chiusura dei bilanci.
Per i manager e i CFO, comprendere la ratio di questa esclusione e le condizioni in cui, invece, la disciplina degli errori contabili può tornare applicabile è fondamentale per evitare rischi di contestazioni e per garantire la corretta imputazione temporale dei componenti reddituali.
Il contesto normativo: correttivo Ires e principi contabili
Il correttivo Irpef-Ires ha introdotto un regime fiscale dedicato alla correzione degli errori contabili, consentendo – in presenza di determinate condizioni – l’immediata rilevanza fiscale delle rettifiche effettuate nel bilancio successivo. Tuttavia, il testo definitivo non ha incluso gli aggiustamenti di transfer pricing tra le fattispecie agevolate. La relazione ministeriale ha motivato questa scelta affermando che lo slittamento della contabilizzazione all’esercizio successivo non deriva da un errore, ma dalla sopravvenuta conoscenza di elementi determinanti per il calcolo dell’aggiustamento.
Secondo i principi contabili nazionali (OIC) e internazionali (IAS/IFRS), un errore si configura quando vi è una mancata applicazione di criteri corretti o una negligenza nella rilevazione di dati disponibili. Nel caso degli aggiustamenti TP, il ritardo è spesso legato alla disponibilità tardiva delle informazioni necessarie, come benchmark di comparabilità o dati di marginalità, forniti dalla casa madre dopo la chiusura dell’esercizio.
Aggiustamenti TP: natura e modalità di contabilizzazione
Gli aggiustamenti di transfer pricing sono rettifiche ai prezzi applicati nelle transazioni infragruppo per garantire la conformità al principio di libera concorrenza (arm’s length principle). Nella prassi, la verifica della congruità avviene attraverso metodi reddituali che confrontano la marginalità della società italiana (tested party) con quella di soggetti comparabili. In caso di scostamento, si procede a rettificare i margini mediante note di credito o debito.
Quando le clausole contrattuali prevedono aggiustamenti cumulativi dei ricavi o dei costi, la contabilizzazione dovrebbe avvenire per competenza nell’esercizio in cui tali ricavi o costi sono stati originariamente rilevati. Tuttavia, nei gruppi complessi, i dati necessari per determinare l’aggiustamento possono essere disponibili solo dopo la chiusura del bilancio, rendendo inevitabile la rilevazione nell’esercizio successivo.
Perché non si tratta di errori contabili
La posizione ministeriale è chiara: gli aggiustamenti tardivi non sono errori, ma componenti basati su elementi sopravvenuti. Pertanto, la loro rilevazione nell’anno successivo è corretta e fiscalmente rilevante in tale esercizio, poiché solo in quel momento il componente reddituale acquisisce il requisito di determinabilità. Questa interpretazione si estende a ogni onere o provento il cui importo diventa definibile sulla base di elementi noti dopo la chiusura del bilancio.
Per i CFO, ciò significa che non è possibile applicare il regime agevolato degli errori contabili per ottenere la retroattività fiscale dell’aggiustamento, salvo che si dimostri la presenza di un vero errore.
Quando l’aggiustamento diventa errore contabile
Esistono situazioni in cui gli aggiustamenti TP rientrano nella fattispecie di errore contabile. Ciò accade, ad esempio, quando la mancata contabilizzazione nell’anno di competenza è dovuta a negligenza nella raccolta dei dati o nella elaborazione delle benchmark, oppure a errori materiali nel calcolo dell’indicatore di profitto. In questi casi, se la correzione avviene nel bilancio successivo e riguarda poste non rilevanti, si applica la disciplina fiscale prevista dal correttivo Ires: immediata efficacia fiscale della rettifica, a condizione che il bilancio sia sottoposto a revisione legale obbligatoria.
Questa distinzione è cruciale per la governance aziendale: occorre documentare le ragioni del ritardo e dimostrare se si tratta di elementi sopravvenuti o di errori di rilevazione.
Implicazioni fiscali e rischi di compliance
Gli aggiustamenti TP tardivi, non qualificabili come errori, sono fiscalmente rilevanti nell’esercizio in cui vengono contabilizzati. Questo comporta un impatto diretto sul tax planning e sulla gestione delle imposte anticipate. Le imprese devono evitare di considerare tali rettifiche come errori per applicare impropriamente il regime agevolato, poiché ciò potrebbe generare rilievi in sede di controllo.
L’Agenzia delle Entrate effettua verifiche mirate sui gruppi multinazionali, controllando la coerenza tra politiche di transfer pricing, scritture contabili e dichiarazioni fiscali. Una gestione non conforme può comportare sanzioni e contestazioni, con effetti reputazionali e finanziari significativi.
Best practice per CFO e responsabili amministrativi
Per garantire la compliance, i CFO devono adottare procedure interne che assicurino la corretta imputazione temporale degli aggiustamenti TP. È essenziale:
- Documentare le comunicazioni infragruppo che attestano la disponibilità tardiva delle informazioni.
- Implementare controlli per distinguere tra elementi sopravvenuti e errori contabili.
- Coinvolgere i revisori legali nella valutazione delle rettifiche.
- Aggiornare le policy contabili e fiscali alla luce delle interpretazioni ministeriali.
Queste azioni riducono il rischio di contestazioni e consentono di gestire in modo trasparente le operazioni infragruppo.
La corretta gestione degli aggiustamenti TP è una priorità per le imprese internazionali. Aggiornare le procedure contabili e fiscali oggi significa prevenire rischi, ottimizzare la pianificazione e garantire la conformità alle regole. Integrare queste best practice nella strategia aziendale consente di rafforzare la governance e di migliorare la trasparenza verso le autorità fiscali.
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