Tra i principi fondamentali della Repubblica viene inserita «la tutela dell’ambiente, anche nell’interesse delle future generazioni» e inoltre si stabilisce che l’iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da arrecare danno (anche) all’ambiente.
Risulta interessante l’incentivo fiscale volto a ridurre l’impatto ambientale dei prodotti e dei processi aziendali ovvero il credito di imposta per l’innovazione tecnologica nell’ambito della transizione ecologica, già fruibile da tutte le imprese, sia pure in misura decrescente, dal 2020 fino al 2025.
Tale agevolazione sostiene con la leva finanziaria in modo trasversale tutte le imprese che effettuano investimenti innovativi preordinati a ridurre i consumi di risorse, riutilizzare, riciclare e riparare i prodotti, con priorità per quelli ad elevato impatto ambientale, come le apparecchiature elettroniche, Itc, batterie, veicoli, imballaggi, plastica, prodotti tessili, acciaio, cemento e sostanze chimiche.
Il contributo pubblico, sotto forma di credito di imposta utilizzabile in compensazione nel modello unificato di pagamento F24, ricompensa il rischio di insuccesso dell’investitore inciso dai costi sostenuti per la transizione ecologica:
Il bonus è “automatico”, considerato che, in presenza di “idonea documentazione”, può essere compensato con i debiti erariali e previdenziali, senza necessità di alcuna istanza, autorizzazione, prenotazione.
A decorrere dal periodo di imposta 2020 il precedente metodo di calcolo “incrementale” è stato semplificato con il meccanismo “volumetrico”, senza obbligo di raffronto con la media storica degli investimenti effettuati negli anni 2012-2014, con ulteriore effetto di boosting.
Anche sul piano soggettivo, la misura è ad ampio raggio, essendo fruibile da tutte le imprese che investono con modalità innovative nella transizione ecologica, al fine di ridurre l’impatto ambientale dei prodotti e dei processi aziendali; ciò a prescindere dalla forma giuridica, dalla dimensione, dal settore economico di appartenenza e dal regime contabile adottato.
Si richiede soltanto, sotto il profilo oggettivo, che il contribuente svolga determinate “attività di investimento”, sostenendo le relative spese “ammissibili” – per esempio, oneri per il personale, quote di ammortamento, canoni di leasing, spese per beni mobili, software, materiali, per consulenze e servizi equivalenti, inclusi i costi addebitati dai commissionari dei progetti – da computarsi sulla base dei criteri di quantificazione e imputazione temporale stabiliti dal Tuir, cui poi si applica l’aliquota maggiorata del 15 per cento.
Sul piano formale, come per il credito R&S, l’impresa deve indicare nella dichiarazione dei redditi il credito per economia circolare autoliquidato e utilizzato in F24, predisporre la certificazione contabile che attesti l’effettivo sostenimento delle spese, e redigere la relazione tecnica asseverata illustrativa delle finalità, i contenuti, gli ostacoli tecnici incontrati e gli eventuali risultati conseguiti all’esito dei singoli progetti.
Gli investimenti e i relativi adempimenti vanno pianificati per tempo e “messi a terra” già da quest’anno, con estensione temporale fino a tutto il 2025, sia pure con aliquote di computo del beneficio decrescenti negli anni a venire (15%, 10%, 5%).
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