La tematica della detassazione dei premi di risultato da sempre riveste notevole rilevanza, consentendo al lavoratore di ottenere parte della retribuzione completamente detassata e al datore di dedurre fiscalmente il costo.
Particolarmente interessanti sono le forme di welfare di produttività o aziendale, più flessibili rispetto alle rigide condizioni previste dal welfare sindacale. Quanto a quest’ultimo, è prevista la possibilità di detassare i premi di risultato, nel limite di 3mila euro (4mila per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro) per i dipendenti con una retribuzione annua lorda entro gli 80mila euro annui. Ciò, tuttavia, in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali.
Il welfare di risultato dà invece la possibilità di convertire il premio di risultato oggetto di detassazione in beni e servizi esenti da imposizione. Si passa quindi da un premio in denaro a uno in natura, con vantaggi fiscali che possono essere interessanti. La legge 232/16 ha previsto, infatti, che i limiti di non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente per la contribuzione versata alla previdenza complementare (5.164,57 euro) e ad enti o casse aventi finalità assistenziali (3.615,20 euro) non si applicano nel caso in cui i versamenti sono finanziati tramite la conversione del premio di produttività oggetto di detassazione.
In generale costituiscono erogazioni per il welfare aziendale (articolo 51, comma 2 del Tuir):
Le opere e i servizi di utilità sociale sono sia quelli riconosciuti volontariamente dal datore di lavoro, sia in conformità a disposizioni di contratto, accordo o regolamento aziendale. Si differenziano rispetto ai casi delle lettere f-bis e f-ter in quanto non comprendono somme di denaro erogate ai dipendenti a titolo di rimborsi di spese, anche se documentate, da impiegare per opere e servizi aventi le citate finalità. La fattispecie della lettera f-bis può riguardare le rette scolastiche, le tasse universitarie, i libri di testo scolastici, gli incentivi economici a studenti meritevoli, ma anche le spese sostenute dal dipendente per l’acquisto di dispositivi in favore di familiari con Dsa. L’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale.
I servizi e le somme devono essere destinati alla generalità dei lavoratori dipendenti o a categorie; se sono invece a disposizione solo di taluni costituiscono fringe benefit e sono tassati come reddito di lavoro dipendente. In quest’ambito assumono rilevanza i piani di welfare Mbo (management by objectives), collegati a risultati di performance stabiliti fra l’azienda e il dipendente, con possibilità di convertire parte del premio di risultato in credito welfare. Così in capo al dipendente l’importo lordo finalizzato alla retta scolastica dei figli non verrà tassato e in capo al datore vi sarà un risparmio fiscale e contributivo. A differenza del welfare sindacale, c’è elasticità in assenza tanto del vincolo della retribuzione annua lorda di 80mila euro quanto dei 3mila euro come limite di premio di risultato convertibile. È esclusa, tuttavia, l’interscambiabilità fra credito welfare e bonus cash, giacché il primo può essere fruito solo sotto forma di beni o servizi welfare.
Il credito welfare può essere riconosciuto sia ai lavoratori dipendenti, sia agli amministratori, commisurandolo alla retribuzione annua lorda per i primi e alle partecipazioni al Cda per i secondi. E’ infine ammesso un piano welfare su piattaforma informatica, purché il budget assegnato, in caso di non utilizzo, non venga convertito in denaro e rimborsato al lavoratore in quanto l’esenzione da imposizione è riferibile unicamente alle erogazioni in natura.
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