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Industry 4.0, la «filiera senza confini»

Industry 4.0 è un progetto di politica industriale e di autorigenerazione di una manifattura europea che deve riqualificare la sua produttività.
Una nuova idea di fabbrica che nasce in Germania e che, in Europa, ha nell’Italia l’altro tessuto produttivo nazionale a maggiore potenzialità di sviluppo e di diffusione.
In Germania, si opera su questo versante in maniera sistemica e pervasiva da quasi 15 anni.
Oggi oltre la metà delle 6mila imprese industriali con oltre 100 milioni di euro di ricavi all’anno ha effettuato investimenti in Industry 4.0.
Nella prima fase, hanno fatto molto i grandi gruppi, mentre negli ultimi anni sono intervenute anche le medie imprese.
La mano pubblica tedesca ha predisposto un budget iniziale per Industry 4.0 di 200 milioni di euro.
In Germania, dunque, Industry 4.0 è già una realtà consolidata e in fase di profonda espansione: secondo Boston Consulting Group, i tre quarti degli imprenditori tedeschi giudicano che grazie ad essa ci saranno al contempo un aumento della produttività e un abbassamento dei costi.
In Italia, la consapevolezza della sua importanza – fra la classe dirigente imprenditoriale, i vertici della politica e l’alta burocrazia ministeriale – è più recente.
Il terreno italiano per Industry 4.0 appare fertile grazie alla costruzione di una serie di policy che in autunno dovrebbero avere contorni nitidi e piena operatività, assecondando tutte le specificità italiane, in un contesto normativo costruito dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda e condiviso con quello delle Finanze Pier Carlo Padoan e con quello dell’Istruzione Stefania Giannini.
Per esempio, questa estate si è parlato di un super-ammortamento ad hoc superiore al 200% (rispetto al 140% ordinario) per una serie di investimenti digitali ben definiti, di una parte del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e di un plafond di 2 miliardi di credito bancario con tasso ridotto grazie a contributi statali, il tutto indirizzato su Industry 4.0.
Industry 4.0 può diventare un ulteriore elemento di integrazione fra i due sistemi industriali: basti pensare che il valore aggiunto italiano contenuto nei prodotti tedeschi è pari al 6,4% e che il valore aggiunto tedesco nei beni italiani è pari al 13,8 per cento.

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