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Sequestro dei beni della moglie per i reati tributari del marito

È legittimo il sequestro dei gioielli della moglie per reati tributari commessi dal marito: se tra i coniugi vige il regime di comunione legale, possono escludersi solo i beni strettamente personali.
Se invece c’è il regime di separazione, occorrerà verificare la capacità reddituale per l’acquisto.
I giudici di legittimità hanno innanzitutto precisato che la confisca va ordinata su beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente al prezzo o al profitto del reato. Per “disponibilità” si deve intendere l’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà.
Mutuando, quindi, il concetto del “possesso civilistico”, si tratta di tutti quei beni che ricadono nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di essi sia esercitato per il tramite di terzi. Ne consegue così che la “disponibilità” del bene non necessariamente corrisponde al suo uso effettivo, che di per sé è neutro. 
L’uso, quindi, esclude la disponibilità solo qualora riferito ad un bene strettamente personale e pertanto nell’ipotesi di beni “interscambiabili” tra i coniugi, poteva essere legittimo il sequestro nella misura del 50% del valore dei beni. 
La decisione, conclusivamente, ha affermato il principio secondo cui per il sequestro di beni mobili dei coniugi va innanzitutto verificato il regime patrimoniale e, solo in caso di comunione, possono escludersi dal sequestro i beni personali. In caso di separazione, invece, occorre verificare se il reddito del coniuge che ne rivendica la proprietà sia tale da giustificarne l’acquisto e ove ciò non fosse, grava sullo stesso la prova della sua esclusiva disponibilità. 

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