Reati tributari, dichiarazioni con più rischi per le società

 

Con la presentazione delle prossime dichiarazioni da parte di società scatta anche per la prima volta la responsabilità amministrativa degli enti per i delitti tributari legati alle dichiarazioni.

 

Le novità introdotte dal Dl 124/2019 e quelle più recenti contenute nel Dlgs 75/2020 relative all’estensione della responsabilità amministrativa degli enti anche a taluni reati tributari, riguardano spesso fattispecie illecite che si consumano con la presentazione delle dichiarazioni. In queste ipotesi le nuove e più rigorose sanzioni troveranno applicazione con la presentazione delle prossime dichiarazioni.

 

Ciò comporta, in prima battuta, la necessità per le società e gli enti interessati di adeguare in tempi brevi i rispettivi modelli organizzativi e quindi l’intera sistema preventivo previsto dal Dlgs 231/2001, per mettersi al riparo da subito dalle nuove sanzioni che potrebbero interessare le società.

 

I reati collegati alle dichiarazioni cui è stata estesa la responsabilità amministrativa sono:

  • dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti con sanzione differente a seconda che l’imponibile non veritiero sia superiore o inferiore a 1.000.000 euro;
  • dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici;
  • dichiarazione infedele;
  • omessa dichiarazione.

 

Questi ultimi due illeciti (dichiarazione infedele ed omessa) solo se commessi nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro,

 

In considerazione della natura di questi illeciti, almeno in prima battuta, nella maggior parte dei casi, l’adeguamento dei modelli organizzativi potrebbe interessare la prevenzione dei soli reati di dichiarazione fraudolenta atteso che essi scattano a prescindere dalla somma evasa o dall’importo non veritiero.

 

È evidente peraltro che i due delitti collegati alla transnazionalità riguardano, almeno potenzialmente, un ristretto numero di imprese in possesso di determinate caratteristiche (rapporti con operatori esteri e soprattutto volumi particolarmente elevati)

 

Per prevenire effettivamente la responsabilità della società in presenza di questi reati il modello o, ove già esistente, il relativo aggiornamento rispetto a questi nuovi illeciti, deve essere effettivo e legato alla concreta realtà aziendale, non potendosi limitare (come talvolta avviene) alla previsione di situazioni generiche o, peggio ancora, a duplicare modelli standard predisposti da altri, senza prevedere procedure, controlli, formazione.

 

Ed infatti il modello e gli altri adempimenti consentono di evitare le sanzioni in capo alla società solo se superano il vaglio di un eventuale Tribunale penale, e, prima ancora, della Procura della Repubblica

L’attenzione degli inquirenti si concentra proprio sull’effettiva osservanza in ambito aziendale delle prescrizioni contenute nel modello e nei protocolli oltre all’attività formativa svolta.

 

Altra condizione è la presenza di un organismo di vigilanza (Odv) indipendente, cui sono affidati compiti delicati. Esso deve caratterizzarsi per autonomia ed indipendenza, nonché per specifiche competenze tecniche richieste in capo a ciascun membro. Per garantire la terzietà è auspicabile l’istituzione di un organismo ad hoc, pur non escludendosi la possibilità che tale ruolo sia attribuito (almeno per alcuni componenti) a funzioni interne dell’azienda e più frequentemente al collegio sindacale. Nel caso di contestazione di uno di questi reati al rappresentante legale della società o ad altra persona fisica legata alla società, il Pm annoterà nel registro delle notizie di reato anche l’illecito amministrativo a carico dell’ente. In caso di condanna, la persona fisica (rappresentante legale o altro) va incontro ad una pena detentiva, mentre la società riceverà la sanzione pecuniaria.

 

Il modello organizzativo deve essere aggiornalo ai nuovi reati tributari ma affinché tale attività abbia rilevanza, e non venga considerata a posteriori del tutto ininfluente ai fini della prevenzione delle sanzioni alla società, è opportuno individuare (ed esplicitare) i vari accorgimenti ritenuti idonei dalla giurisprudenza di legittimità per provare l’estraneità dell’imputato rispetto alle fattispecie illecite penali tributarie.

 

Basti pensare che solo la dichiarazione fraudolenta attraverso l’indicazione di fatture per operazioni inesistenti può manifestarsi almeno in tre modi. Di queste modalità un modello organizzativo efficace e quindi in grado di superare il vaglio degli inquirenti, deve necessariamente farsi carico.

Così, ad esempio, sempre con riferimento alla falsa fatturazione, l’articolo 1 del Dlgs 74/2000 ritiene penalmente rilevanti fatture o altri documenti emessi a fronte di operazioni:

  • non realmente effettuate in tutto o in parte;
  • che indicano i corrispettivi o l’Iva in misura superiore a quella reale,
  • che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.

 

In tale contesto potrebbe essere importante per prevenire queste condotte illecite, considerare gli orientamenti giurisprudenziali e quindi ad esempio introdurre procedure volte a rilevare:

  • il valore/prezzo dei beni e servizi acquistati se risultino o meno in linea rispetto a quello normalmente praticato sul mercato (evidenziando le ragioni di eventuali divergenze):
  • il luogo di giacenza delle merci ovvero l’utilizzo dei servizi e beni acquistati rispetto all’attività svolta;
  • l’esistenza della società fornitrice e la sua operatività (visura camerale, fatturato, dipendenti)
  • l’oggetto di attività del fornitore se coerente con le cessioni/prestazioni fatturate;
  • la natura della corrispondenza con il fornitore individuando l’interlocutore ed il ruolo ricoperto (indirizzo mail, posizione, ecc);
  • la coincidenza (o in caso contrario le ragioni) tra chi materialmente cede i beni, ovvero presta i servizi, e il soggetto che emette la fattura;
  • l’intestazione del conto destinatario dei pagamenti.

 

Si tratta certamente di un aggravio dell’attività aziendale tuttavia l’osservanza di queste procedure potrebbe non solo prevenire la sanzione in capo alla società in base alle previsioni del Dlgs 231/2001, ma anche risultare da supporto per il rappresentante legale al quale, soprattutto in presenza di fatture soggettivamente inesistenti, viene normalmente addebitato di non aver adottato l’ordinaria diligenza per individuare l’attività fraudolenta del proprio fornitore. È indubbio infatti che una volta poste in essere queste procedure all’interno del impresa secondo le regole del Dlgs 231/2001, sarà ben difficile per i verificatori e per il Pm sostenere che vi sia stata scarsa diligenza da parte dell’imprenditore.

 

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