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Così il cliente corregge la fattura irregolare

 

Quando si ritiene di aver ricevuto una fattura irregolare, i principi di correttezza e buona fede impongono di dialogare con la controparte. In primo luogo, perché dal confronto può risultare che non v’è alcun errore, e poi perché, in assenza di un adeguato coordinamento fra fornitore e cliente, se entrambi i soggetti decidono di regolarizzare la violazione, si rischia di pagare due volte.

 

Partiamo dalla procedura azionabile se il fornitore non rettifica l’operazione. Il destinatario può regolarizzare nei 30 giorni dalla registrazione con un documento integrativo (codice TD20, se elettronico). La decorrenza non scatta dalla ricezione della fattura, ma dalla registrazione. In caso di dubbi e quando è possibile (in molte realtà, la registrazione “viaggia” infatti spedita e i controlli si fanno in un secondo momento), basterebbe quindi ritardare la registrazione per allungare il tempo a disposizione per chiarirsi con il fornitore.

 

Si regolarizza ciò che ha titolo per essere registrato. Se l’operazione è inesistente (oggettivamente o soggettivamente) la fattura non va registrata. Né rileva che, essendo elettronica, essa sia veicolata dal sistema d’interscambio. Lo Sdi, infatti, non impone la registrazione del documento, limitandosi a recapitarlo. In generale, gli errori rilevanti sono quelli relativi agli elementi obbligatori della fattura, sostanziali e formali, così come individuati dall’articolo 21, Dpr 633/72. Alcuni di essi incidono sull’imponibile e/o sull’imposta. È il caso, fra l’altro, di un’operazione fatturata come esente, ma che in realtà è imponibile, o di una cessione/prestazione cui è stata applicata un’aliquota ridotta non spettante. In queste situazioni, si regolarizza versando anche l’imposta. Ma vi sono anche errori “formali” che, se non sistemati, comportano l’applicazione delle sanzioni (fisse), pur restando intatto il diritto di detrazione. Può trattarsi, in ipotesi, di una carente descrizione dell’operazione (che non ponga però dubbi sulla sua esistenza) oppure di errori su elementi della fattura elettronica che traducono indicazioni normativamente previste, come avviene per il codice natura che individua il regime dell’operazione (non imponibilità, esenzione, inversione contabile, eccetera).

 

Anche per le operazioni in reverse charge si può regolarizzare la fattura errata per evitare le sanzioni fisse di cui all’articolo 6, commi 9 bis, bis1 e bis2, Dlgs 471/97. Le parti hanno sempre la possibilità di regolarizzare l’operazione per non incorrere in sanzioni. Resta semmai da vedere se, per esempio, avendo ricevuto la fattura in inversione contabile anziché con applicazione del tributo, sia più conveniente “correggere” la fattura versando l’imposta che si ritiene dovuta o rischiare invece la solidarietà per la sanzione fissa applicabile qualora si assecondi l’errore dell’emittente attuando l’inversione contabile.

 

Anche la fattura con Iva «in misura superiore a quella effettiva” è regolarizzabile, rinunciando alla detrazione della maggior imposta ed emettendo autofattura che evidenzi il minor tributo. L’alternativa è detrarre tutta l’Iva ed esporsi alla sanzione fissa ai sensi dell’articolo 6, comma 6, Dlgs 471/97. L’operatività di questa norma potrebbe però essere confinata ai casi di errata applicazione di un’aliquota più elevata o quando è stato addebitato il tributo per un’operazione non imponibile o esente, ma non quando è stata applicata l’Iva a un’operazione fuori campo.

 

La linea di demarcazione fra fattura irregolare e fattura per un’operazione inesistente è nitida, in teoria. Ma nella realtà, vi sono situazioni che presentano rilevanti incertezze. Pensiamo alle fatture emesse in via anticipata o in relazione a un acconto per una fornitura che poi non si realizzerà. È legittimo esercitare la detrazione dell’imposta addebitata? La casistica può essere molto varia. Di là delle ipotesi di frode, ciò che dovrebbe contare è la documentazione che si è in grado di esibire. Se la fattura anticipata riguarda un’operazione che, al momento dell’emissione del documento, era definita nei suoi elementi rilevanti e la fornitura a tale data sembrava certa, il diritto alla detrazione non può essere negato in linea di principio. Diverso è se viene emessa fattura per una somma versata genericamente a titolo d’acconto su future forniture, magari per merci ancora da individuare. In quest’ipotesi, già all’atto della ricezione della fattura, il destinatario dovrebbe astenersi dalla detrazione. Non conta che le forniture si realizzino o meno. Al momento dell’emissione, infatti, sono gli elementi da indicare in fattura a risultare assolutamente incerti.

 

La pratica aziendale offre altri esempi. Si pensi a quantità fatturate in eccesso rispetto a quanto consegnato. Se si ottiene nota d’accredito per l’importo eccedente, tutto bene. Altrimenti, occorre regolarizzare l’operazione ai sensi e nei termini dell’articolo 6, comma 8, Dlgs 471/97, evitando di detrarre l’Iva per la merce non ricevuta. In queste circostanze, attenzione ai possibili rimedi offerti dal fornitore, il quale potrebbe proporre di considerare l’importo fatturato in più quale acconto su prossime consegne. La soluzione può essere rischiosa anche se le future forniture dovessero riguardare la stessa tipologia di beni, dato che la fattura originale non distingue la parte in acconto.

 

In altri casi, le regole da seguire possono dipendere dalle condizioni giuridico-contrattuali. Se si tratta di una vendita con resa a destino, la consegna dovrebbe considerarsi in linea di principio eseguita – e quindi l’operazione effettuata in senso Iva – all’atto della consegna della merce al vettore/spedizioniere con conseguente emissione di fattura. Se all’arrivo il cliente rifiuta di accettare i beni, i comportamenti possono essere diversi a seconda delle ragioni del rifiuto. In caso di merce mai ordinata, la registrazione della fattura (e quindi la detrazione) sarebbe indebita, causa inesistenza oggettiva dell’operazione. Più complessa è la situazione se, per esempio, la mancata presa in carico dei beni dipende dall’errata tempistica di consegna del fornitore. In tale evenienza e approfondite le specifiche pattuizioni contrattuali, la fattura potrebbe essere legittimamente registrata, rinviando ad altra sede la soluzione del contrasto fra le parti. La disponibilità di idonea documentazione e una corretta lettura delle “carte” che accompagnano l’operazione sono fondamentali, anche perché se l’acquirente, per eccesso di prudenza, non registra la fattura in tempo utile, ove poi risultasse che l’emissione del documento era corretta, il diritto di detrarre potrebbe non essere più esercitabile per scadenza dei termini.

 

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