Decreto Liquidità, nuovi prestiti a sei vie

 

Con la conversione in legge del decreto liquidità n. 23/2020 sono state introdotte nuove regole per l’accesso al credito per le imprese colpite dall’emergenza sanitaria e altre misure fiscali e contabili.

 

La conversione propone innovazioni in tutti e tre gli strumenti previsti (prestiti “mini”, mid cap e, meno rilevanti, l’intervento SACE).

 

Prestiti “mini”

Le modifiche all’articolo 13 del decreto Liquidità elevano da 25mila a 30mila euro i prestiti con garanzia totale a carico dello Stato e ne rimodula la durata che viene elevata da sei a dieci anni. Viene anche semplificato il meccanismo di remunerazione, ora ancorato al solo Rendistato con durata analoga al finanziamento, maggiorato dello 0,20 per cento. Per quanto concerne i miniprestiti di cui alla lettera m) e con garanzia al 100%, viene estesa la platea dei beneficiari a ricomprendere:

  • le associazioni professionali;
  • le società fra professionisti;
  • gli agenti di assicurazione, i subagenti di assicurazione e i broker iscritti al Rui (Registro unico intermediari).

 

Un aspetto importante è stabilito dalla nuova lettera m-bis, che consente a chi ha ottenuto dei prestiti in base alla lettera m) prima della data di entrata in vigore della legge di conversione di ottenere l’adeguamento della durata (dieci anni) e dell’importo finanziato (30mila euro).

 

I piccoli prestiti a valere sulla garanzia del Fondo per le Pmi potranno godere di una semplificazione almeno sotto il profilo delle procedure.  Il gestore del Fondo di garanzia ha pubblicato il nuovo modello per la richiesta della garanzia nonché una circolare operativa. Il nuovo modulo per la richiesta di garanzia andrà compilato solamente da chi decide di sottoscrivere con il proprio istituto di credito un nuovo e distinto finanziamento che si affianca al precedente, portando avanti due autonomi piani di ammortamento (nell’ipotesi migliore, un finanziamento di 25mila euro e un altro di 5mila). Se invece si decide di “consolidare” il tutto in un unico contratto, allora non va inoltrata una nuova richiesta al Fondo.

 

Quanto ai dati da prendere a riferimento per calcolare l’importo del prestito, la precedente formulazione della norma richiedeva l’ultimo bilancio depositato o l’ultima dichiarazione fiscale presentata alla data della domanda di garanzia. Solo per i soggetti costituiti dopo il 1° gennaio 2019 era ammesso l’utilizzo di un’autocertificazione. Tuttavia, molte imprese e professionisti non avevano ancora presentato tali documenti con riferimento all’anno 2019. In questi casi si è fatto riferimento ai dati dell’anno 2018. I più penalizzati sono stati coloro che avevano iniziato l’attività negli ultimi mesi del 2018: questi, in mancanza di bilanci o dichiarazioni riferite al 2019, hanno dovuto parametrare il finanziamento al fatturato realizzato dall’apertura fino al 31 dicembre 2018. Adesso è prevista, per tutti, la possibilità di autocertificare i dati conseguiti nell’esercizio 2019.

 

Per le imprese più dimensionate (entro il limite dei 499 dipendenti)

  • per favorire le esigenze di liquidità delle società “miste” viene ampliato il requisito soggettivo al fine di ricomprendere anche quelle in cui almeno il 25% del capitale o dei diritti di voto sia detenuto direttamente o indirettamente da uno o più enti pubblici;
  • le rinegoziazioni, disciplinate dalla lettera e), presuppongono che la banca finanziatrice debba mettere a disposizione dell’impresa anche nuova finanza. A tale riguardo si passa da un importo pari ad almeno il 10% del debito residuo a uno pari ad almeno il 25 per cento per i finanziamenti deliberati dal soggetto finanziatore in data successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione vale a dire il 7 giugno ai sensi dell’art. 1, c. 3 della stessa; la rinegoziazione consente alla banca di beneficiare della garanzia pubblica, riducendo quindi il proprio profilo di rischio, che deve comportare la riduzione del tasso di interesse applicato dal soggetto erogatore.

 

Per l’ulteriore segmento di agevolazioni disciplinato dall’articolo 1, essendo riservato a imprese più dimensionate, la garanzia è entro limiti rimodulati:

  • 90 per cento per imprese “con non più di 5000 dipendenti”in Italia e valore del fatturato fino a 1,5 miliardi di euro;
  • 80 per cento per imprese con valore del fatturato “superiore a 1,5 miliardi e fino a 5 miliardi”di euro o con più di 5000 dipendenti in Italia;
  • 70 per cento per le imprese con valore del fatturato superiore a 5 miliardi di euro, parametro non variato rispetto alla versione iniziale.

L’impresa che beneficia della garanzia assume l’impegno che essa, nonché ogni altra impresa con sede in Italia che faccia parte del medesimo gruppo cui la prima appartiene, comprese quelle soggette alla direzione e al coordinamento da parte della medesima, non approvi la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel corso dell’anno 2020. Qualora le suddette imprese abbiano già distribuito dividendi o riacquistato azioni al momento della richiesta del finanziamento, l’impegno è assunto dall’impresa per i dodici mesi successivi alla data della richiesta. La lettera n) impone alle imprese l’assunzione all’impegno a non delocalizzare le produzioni.

 

 

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