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Il lavoro intermittente nell’autotrasporto di merci e persone

 

L’Ispettorato nazionale del lavoro offre lo spunto per una riflessione sui limiti all’adozione del lavoro intermittente nell’autotrasporto e sul possibile ruolo della contrattazione collettiva nella regolamentazione delle ipotesi di utilizzo

 

Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno. In mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. È vietato il ricorso al lavoro intermittente:

  1. per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
  2. presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi a norma degli artt. 4 e 24, legge 23 luglio 1991, n. 223, che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente, ovvero presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
  3. ai datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

 

Il comparto dell’autotrasporto è indubbiamente uno dei settori nei quali i chiarimenti dell’Ispettorato presentano profili di maggiore novità e conseguenti criticità applicative. In tale ambito, infatti, in assenza di “specifiche previsioni in ordine alla individuazione delle «esigenze» per le quali è consentita la stipula del contratto intermittente” da parte della contrattazione collettiva – fatte salve le ipotesi soggettive di cui all’art. 13, c. 2 del TU n. 81/2015 – si dovrà necessariamente far riferimento, in forza del DM n. 23 ottobre 2004, alla tabella allegata al R.D. n. 2657/1923, e in particolare al punto 8, che fra le attività considerate discontinue ricomprende quelle svolte dal personale addetto al trasporto di persone e di merci: personale addetto ai lavori di carico e scarico, esclusi quelli che a giudizio dell’ispettorato dell’industria e del lavoro non abbiano carattere di discontinuità. Nello specifico, infatti, le opzioni dei principali contratti collettivi nazionali di riferimento del trasporto merci o persone, vanno dalla sostanziale assenza di regolamentazione, all’abolizione del “divieto di utilizzo del lavoro a chiamata”, senza alcuna individuazione delle esigenze giustificative. Le scelte delle parti sociali nel trasporto merci e persone, sono dunque accomunate dall’assenza di individuazione delle ipotesi oggettive, circostanza questa che impone di verificare l’ammissibilità del lavoro intermittente secondo le previsioni del punto 8 della tabella allegata al R.D. n. 2657/1923, perlomeno nelle ipotesi in cui non possano trovare applicazione i requisiti soggettivi previsti dall’art. 13, comma 2, del D. Lgs. n. 81/2015. In proposito, sulla scorta di una lettura del citato punto 8, basata sulla formulazione della disposizione e sulla punteggiatura utilizzata, l’Ispettorato chiarisce come la discontinuità sia riferibile alle attività del solo personale addetto al carico e allo scarico, quale ulteriore “sotto categoria” rispetto a quanti sono adibiti al trasporto tout court, “con esclusione delle altre attività ivi comprese quelle svolte dal personale con qualifica di autista”.

 

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