L’Ispettorato nazionale del lavoro offre lo spunto per una riflessione sui limiti all’adozione del lavoro intermittente nell’autotrasporto e sul possibile ruolo della contrattazione collettiva nella regolamentazione delle ipotesi di utilizzo
Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno. In mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. È vietato il ricorso al lavoro intermittente:
Il comparto dell’autotrasporto è indubbiamente uno dei settori nei quali i chiarimenti dell’Ispettorato presentano profili di maggiore novità e conseguenti criticità applicative. In tale ambito, infatti, in assenza di “specifiche previsioni in ordine alla individuazione delle «esigenze» per le quali è consentita la stipula del contratto intermittente” da parte della contrattazione collettiva – fatte salve le ipotesi soggettive di cui all’art. 13, c. 2 del TU n. 81/2015 – si dovrà necessariamente far riferimento, in forza del DM n. 23 ottobre 2004, alla tabella allegata al R.D. n. 2657/1923, e in particolare al punto 8, che fra le attività considerate discontinue ricomprende quelle svolte dal personale addetto al trasporto di persone e di merci: personale addetto ai lavori di carico e scarico, esclusi quelli che a giudizio dell’ispettorato dell’industria e del lavoro non abbiano carattere di discontinuità. Nello specifico, infatti, le opzioni dei principali contratti collettivi nazionali di riferimento del trasporto merci o persone, vanno dalla sostanziale assenza di regolamentazione, all’abolizione del “divieto di utilizzo del lavoro a chiamata”, senza alcuna individuazione delle esigenze giustificative. Le scelte delle parti sociali nel trasporto merci e persone, sono dunque accomunate dall’assenza di individuazione delle ipotesi oggettive, circostanza questa che impone di verificare l’ammissibilità del lavoro intermittente secondo le previsioni del punto 8 della tabella allegata al R.D. n. 2657/1923, perlomeno nelle ipotesi in cui non possano trovare applicazione i requisiti soggettivi previsti dall’art. 13, comma 2, del D. Lgs. n. 81/2015. In proposito, sulla scorta di una lettura del citato punto 8, basata sulla formulazione della disposizione e sulla punteggiatura utilizzata, l’Ispettorato chiarisce come la discontinuità sia riferibile alle attività del solo personale addetto al carico e allo scarico, quale ulteriore “sotto categoria” rispetto a quanti sono adibiti al trasporto tout court, “con esclusione delle altre attività ivi comprese quelle svolte dal personale con qualifica di autista”.
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