Il nuovo accordo Italia Svizzera in tema di frontalieri: come cambia la tassazione

 

Lo scorso 23 dicembre è stato firmato un nuovo accordo relativo alla tassazione dei lavoratori frontalieri tra l’Italia e la Svizzera. Viene superato il riferimento all’Accordo tra l’Italia e la Svizzera, relativo alla imposizione dei lavoratori frontalieri e alla compensazione finanziaria a favore dei Comuni italiani di confine, del 03.10.1974 e si fa riferimento al nuovo Protocollo aggiuntivo firmato a Roma il 23.12.2020 che costituisce parte integrante della convenzione.

 

Il frontaliero è ora definito come il soggetto che è fiscalmente residente in un comune che si trova nella zona di 20 km dal confine con l’altro Stato contraente, e che svolge una attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera dell’altro Stato contraente, per un datore di lavoro residente, per una stabile organizzazione o per una base fissa. La definizione richiede, inoltre, che il lavoratore ritorni, in via di principio, al proprio domicilio principale nello Stato di residenza.

 

La tassazione ora compete allo Stato dove viene svolta l’attività lavorativa per cui, esaminando la casistica più frequente del frontaliere residente in Italia che lavora in Svizzera, la tassazione avverrà per certo in Svizzera, come accade ora.

 

Tuttavia, vi sono due aspetti rilevanti che differenziano la nuova disciplina rispetto al vecchio accordo del 1974:

  • l’assenza dell’avverbio “soltanto” che determina una tassazione concorrente nei due Paesi; peraltro, l’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 3 prevede espressamente la tassazione nel Paese di residenza;
  • una espressa previsione secondo cui l’imposta applicata in Svizzera non può eccedere l’80% dell’imposta risultante dall’applicazione dell’imposta sui redditi delle persone fisiche in Svizzera, ivi comprese le imposte locali.

 

La tassazione dei frontalieri avviene mediante ritenuta alla fonte. Coerentemente con queste previsioni, l’articolo 5 dell’accordo rinvia all’articolo 24 della Convenzione per prevenire la doppia imposizione. L’Italia, al riguardo, applicherà il metodo del credito di imposta.

 

Non vi è dubbio che il nuovo regime risulterà di gran lunga meno vantaggioso del precedente. Ciò sia a livello di adempimenti, in quanto il reddito dovrà essere dichiarato nel quadro C e le imposte estere dovranno essere scomputate nel quadro CE, sia a livello di tassazione effettiva, in quanto ci si può attendere che l’Irpef italiana sia più alta di quella svizzera.

 

L’Accordo si applicherà dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di entrata in vigore dell’accordo stesso. L’entrata in vigore, a sua volta, è fissata alla data di ricezione dell’ultima delle notifiche con le quali i due Paesi vicendevolmente si saranno comunicati formalmente, per via diplomatica, che sono stati adempiuti i presupposti legali interni necessari all’entrata in vigore dell’accordo e del Protocollo di modifica dell’articolo 15 par. 4 della Convenzione menzionato in precedenza.

 

In deroga alle previsioni appena illustrate, rimangono in vigore le vecchie regole, ossia la tassazione esclusiva nel Paese di svolgimento dell’attività lavorativa. L’agevolazione compete ai soggetti che svolgono una attività di lavoratore frontaliero alla data di entrate in vigore dell’accordo o in un periodo tra il 31.12.2018 e la data di entrata in vigore dell’accordo stesso.

 

Qualora l’autorità competente di uno dei due Paesi ravvisi una ipotesi di “abuso evidente e manifesto” della norma transitoria, informerà l’autorità competente dell’altro Stato per gli opportuni provvedimenti. Certamente l’abuso dovrà essere attentamente ponderato, atteso che la scelta di lavorare in Svizzera è personale e difficilmente può essere oggetto di sindacato. Potremmo forse pensare, ovviamente senza che vengano operate generalizzazioni e con i dovuti distinguo, al caso in cui un soggetto italiano costituisce ad hoc una nuova società elvetica a lui riconducibile per farsi assumere come dipendente.

 

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