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Il nuovo concordato semplificato accelera l’iter di cessione dei beni

 

Il concordato semplificato, introdotto dal decreto-legge 118/2021, è uno strumento di regolazione della crisi d’impresa del tutto nuovo, differente e alternativo rispetto al concordato preventivo.

 

Può accedervi l’imprenditore in difficoltà che si sia avvalso della procedura di composizione negoziata, nel caso in cui l’esperto dichiari che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede ma che non è stato possibile risolvere la crisi con gli strumenti negoziali previsti dall’articolo 11 del Dl 118 (concludere una convenzione in moratoria, un contratto o un accordo con i creditori). A questo punto l’imprenditore può presentare al giudice una proposta di concordato per cessione dei beni se è possibile liquidare celermente il patrimonio senza pregiudizio per i creditori.

 

Si tratta quindi di un istituto alternativo e non anticipatorio del fallimento (com’è invece il concordato preventivo). Ed anche gli obiettivi sono diversi: da una parte introdurre un istituto meno rigido e più in grado di rispondere alla difficoltà degli imprenditori colpiti dalla crisi innescata dalla pandemia, e, dall’altra, evitare la dispersione di valore degli assets aziendali.

 

Per l’omologa del concordato semplificato non sono necessari: il voto di approvazione dei creditori, la soddisfazione integrale dei creditori privilegiati e la fissazione di soglie minime di soddisfazione del ceto chirografario. Il richiamo al controllo giurisdizionale solo sulla ritualità della proposta (correttezza della procedura di presentazione e della documentazione) porta inoltre a ritenere che il controllo sull’intera procedura sia meno incisivo.

 

Il tribunale nomina un ausiliario che deve rilasciare il proprio parere. Il debitore, su ordine del tribunale, deve trasmettere ai creditori la proposta, insieme al parere dell’ausiliario, alla relazione finale e al parere dell’esperto sui presumibili risultati della liquidazione e sulle garanzie offerte. I creditori e qualsiasi interessato possono proporre opposizione all’omologazione costituendosi nel termine perentorio di dieci giorni prima dell’udienza fissata. In sede di omologazione, il tribunale ha poi, ovviamente, un potere di controllo sul fatto che la proposta non arrechi pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare e che assicuri un’utilità a ciascun creditore.

 

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