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Il regime delle quarantene per i lavoratori durante l’emergenza Covid-19

 

In relazione all’emergenza epidemiologica da Covid-19, analizziamo i riflessi sulla prestazione di lavoro dei periodi di quarantena equiparati a malattia, delle quarantene amministrative, di eventuali contagi contratti nel luogo di lavoro e delle assenze dei lavoratori dipendenti a seguito di quarantena scolastica dei figli

 

Quarantene e malattia

Il Legislatore ha equiparato a malattia, ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento, il periodo trascorso in quarantena dai lavoratori dipendenti del settore privato (art. 26, Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18):

  • con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, dovuto a COVID-19;
  •  in applicazione della misura della quarantena precauzionale ai soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che rientrano da aree, ubicate al di fuori del territorio italiano;
  • per divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus.

Al fine di comprendere al meglio la normativa è utile precisare determinati concetti (cfr anche la Circolare del Ministero della Salute 12 ottobre 2020, n. 32850):

  • la quarantena è un periodo (10 – 14 giorni) di isolamento e di osservazione di durata variabile che viene richiesta per persone che potrebbero portare con sé germi responsabili di malattie infettive. La quarantena è usata per tenere lontano dagli altri coloro che potrebbero essere stati esposti ad un agente infettivo;
  • l’isolamento fiduciario viene invece utilizzato per separare le persone affette da una malattia contagiosa confermata da quelle che non sono infette;
  • la sorveglianza attiva è una misura durante la quale l’operatore di sanità pubblica provvede a contattare quotidianamente la persona in sorveglianza per avere notizie sulle sue condizioni di salute.

L’Inps con proprio messaggio 24 giugno 2020, n. 2584 ha chiarito la disposizione di cui all’articolo 26 del Decreto Legge n. 18/2020, prevedendo espressamente che la malattia è riconosciuta a fronte di un procedimento di natura sanitaria dal quale non è possibile prescindere.

Pertanto, ai lavoratori aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia a carico dell’Inps, viene riconosciuta l’indennità economica previdenziale (con correlata contribuzione figurativa), sulla base del settore aziendale e della qualifica del lavoratore e l’eventuale integrazione retributiva, dovuta dal datore di lavoro, secondo gli specifici contratti di riferimento (con la conseguente copertura contributiva).

Inoltre, l’Inps, con il messaggio di cui sopra, specifica che nulla è innovato, sotto il profilo previdenziale e contrattuale, in merito alla tutela prevista in caso di malattia comportante incapacità temporanea al lavoro per le diverse categorie di lavoratori, incluso l’eventuale diverso rischio specifico indennizzato a talune categorie di lavoratori (lavoratori a tempo indeterminato, a tempo determinato, operai agricoli a tempo determinato, lavoratori dello spettacolo, etc.).

Ai fini del riconoscimento della tutela, il lavoratore deve produrre il certificato di malattia attestante il periodo di quarantena nel quale il medico curante dovrà indicare gli estremi del provvedimento emesso dall’operatore di sanità pubblica. Il certificato deve essere redatto sin dal primo giorno di malattia in modalità telematica. Nei casi residuali di certificato emesso in modalità cartacea, lo stesso dovrà essere trasmesso all’Inps nel termine dei due giorni previsti dalla normativa di riferimento.

Qualora al momento del rilascio del certificato, il medico non disponga delle informazioni relative al provvedimento, queste verranno acquisite direttamente dal lavoratore interessato presso l’operatore di sanità pubblica e comunicate successivamente all’Inps, mediante posta ordinaria o PEC. In attesa dell’integrazione da parte del lavoratore, il certificato pervenuto all’Istituto verrà considerato sospeso.

Nel caso in cui il lavoratore, infine, si trovi in malattia accertata da COVID-19 deve farsi rilasciare il certificato di malattia dal proprio medico curante senza necessità di alcun provvedimento da parte dell’operatore di sanità pubblica.

 

TERMINI E DURATA DELL’ISOLAMENTO E DELLA QUARANTENA

Ministero della Salute – Circolare 12 ottobre 2020, n. 32850

L’isolamento dei casi di documentata infezione da SARS-CoV-2 si riferisce alla separazione delle persone infette dal resto della comunità per la durata del periodo di contagiosità, in ambiente e condizioni tali da prevenire la trasmissione dell’infezione.

La quarantena, invece, si riferisce alla restrizione dei movimenti di persone sane per la durata del periodo di incubazione, ma che potrebbero essere state esposte ad un agente infettivo o ad una malattia contagiosa, con l’obiettivo di monitorare l’eventuale comparsa di sintomi e identificare tempestivamente nuovi casi.

In considerazione dell’evoluzione della situazione epidemiologica, delle nuove evidenze scientifiche, delle indicazioni provenienti da alcuni organismi internazionali (OMS ed ECDC) e del parere formulato dal Comitato Tecnico Scientifico in data 11 ottobre 2020, si è ritenuta una nuova valutazione relativa a quanto in oggetto precisato:

Casi positivi asintomatici

Le persone asintomatiche risultate positive alla ricerca di SARS-CoV-2 possono rientrare in comunità dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test).

Casi positivi sintomatici

Le persone sintomatiche risultate positive alla ricerca di SARS-CoV-2 possono rientrare in comunità dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata persistenza nel tempo) accompagnato da un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test).

Casi positivi a lungo termine

Le persone che, pur non presentando più sintomi, continuano a risultare positive al test molecolare perSARS-CoV-2, in caso di assenza di sintomatologia (fatta eccezione per ageusia/disgeusia e anosmia4che possono perdurare per diverso tempo dopo la guarigione) da almeno una settimana, potranno interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi. Questo criterio potrà essere modulato dalle autorità sanitarie d’intesa con esperti clinici e microbiologi/virologi, tenendo conto dello stato immunitario delle persone interessate (nei pazienti immunodepressi il periodo di contagiosità può essere prolungato).

Contatti stretti asintomatici

I contatti stretti di casi con infezione da SARS-CoV-2 confermati e identificati dalle autorità sanitarie, devono osservare:

  • un periodo di quarantena di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso; oppure
  • un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo effettuato il decimo giorno.

Si raccomanda di:

  • eseguire il test molecolare a fine quarantena a tutte le persone che vivono o entrano in contatto regolarmente con soggetti fragili e/o a rischio di complicanze;
  • prevedere accessi al test differenziati per i bambini;
  • non prevedere quarantena né l’esecuzione di test diagnostici nei contatti stretti di contatti stretti di caso (ovvero non vi sia stato nessun contatto diretto con il caso confermato), a meno che il contatto stretto del caso non risulti successivamente positivo ad eventuali test diagnostici o nel caso in cui, in base al giudizio delle autorità sanitarie, si renda opportuno uno screening di comunità
  • promuovere l’uso della App Immuni per supportare le attività di contact tracing.

I lavoratori affetti da gravi patologie

Il comma 2 dell’articolo 26 del Decreto Legge n. 18/2020 prevede, per i lavoratori dei settori privato e pubblico con patologie di particolare gravità, che il periodo di assenza certificato sia equiparato a degenza ospedaliera.

In questo caso, il lavoratore deve farsi rilasciare la certificazione di malattia dal proprio medico curante nelle consuete modalità, garantendo, in tal modo, l’avvio del procedimento per il riconoscimento della prestazione equiparata alla degenza ospedaliera.

Inoltre, è prevista una decurtazione ai 2/5 della normale indennità qualora non vi siano familiari a carico e che il termine massimo previsto per la trasmissione della certificazione eventualmente prodotta in modalità cartacea è pari all’anno di prescrizione della prestazione.

In tali ipotesi, il medico curante è tenuto a precisare, nelle note di diagnosi, l’indicazione dettagliata della situazione clinica del suo paziente, tale da far emergere chiaramente la situazione di rischio in soggetto e l’Inps territorialmente competente verifica la certificazione prodotta per i lavoratori aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia, acquisendo eventualmente ulteriore documentazione dal lavoratore ai fini della definizione della pratica. In attesa dell’integrazione documentale, il certificato pervenuto all’Istituto verrà considerato sospeso in attesa di regolarizzazione.

I conguagli dell’indennità di malattia

L’Inps con il messaggio 23 ottobre 2020, n. 3871 interviene nuovamente in materia, specificando che i datori di lavoro potranno conguagliare gli importi anticipati a titolo di quarantena, nella misura massima dell’importo equivalente a quello dell’indennità di malattia o di degenza ospedaliera, limitatamente agli eventi di quarantena con prognosi che si sia conclusa entro il 30 settembre 2020.

I soggetti “fragili”

Con riferimento alle misure introdotte dall’articolo 26 del D.L. n. 18/2020 interviene anche il Messaggio Inps 9 ottobre 2020, n. 3653 prevedendo espressamente che la quarantena e la sorveglianza precauzionale per i soggetti fragili non configurano un’incapacità temporanea al lavoro per una patologia in fase acuta tale da impedire in assoluto lo svolgimento dell’attività lavorativa (presupposto per il riconoscimento della tutela previdenziale della malattia comune), ma situazioni di rischio per il lavoratore e per la collettività. Pertanto, non è possibile ricorrere alla tutela previdenziale della malattia o della degenza ospedaliera nei casi in cui il lavoratore in quarantena o in sorveglianza precauzionale perché soggetto fragile continui a svolgere, sulla base degli accordi con il proprio datore di lavoro, l’attività lavorativa presso il proprio domicilio, mediante le citate forme di lavoro alternative alla presenza in ufficio.

Le quarantene amministrative

L’Inps, con messaggio 3653/2020, chiarisce anche la misura della quarantena per ordinanza amministrativa introdotta dal Decreto Legge 14 agosto 2020, n. 104.

L’Inps stabilisce che in tutti i casi di ordinanze o provvedimenti di autorità amministrative che di fatto impediscano ai soggetti di svolgere la propria attività lavorativa non è possibile procedere con il riconoscimento della tutela della quarantena ai sensi dell’articolo 26, in quanto la stessa prevede un provvedimento dell’operatore di sanità pubblica.

Il Messaggio Inps specifica, inoltre, che non è ammesso il trattamento di quarantena di cui all’art. 26 del D.L. 18/2020 per i lavoratori assicurati in Italia recatisi all’estero ed oggetto di provvedimenti di quarantena da parte delle competenti autorità del Paese straniero, poiché l’accesso alla tutela ex articolo 26 non può che provenire sempre da un procedimento eseguito dalle preposte autorità sanitarie italiane.

È qui opportuno richiamare che, nel caso in cui i lavoratori siano destinatari di un trattamento di cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO), straordinaria (CIGS), in deroga (CIGD) o di assegno ordinario garantito dai fondi di solidarietà, non è ammessa la concomitante prestazione della quarantena o della sorveglianza precauzionale per soggetti fragili, essendo le diverse tutele incompatibili tra loro. Si tratta, infatti, del noto principio della prevalenza del trattamento di integrazione salariale sull’indennità di malattia, disposto altresì dall’articolo 3, comma 7, del Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 148 (si veda anche il Messaggio Inps 30 aprile 2020, n. 1822).

Con il Messaggio 30 aprile 2020, n. 1822 l’Inps ha chiarito che la disciplina prevista in materia di rapporto tra indennità di malattia e CIG, FIS e CIG in deroga continua ad applicarsi anche con riguardo alle domande di prestazioni di integrazione salariale intervenute nel corso dell’emergenza epidemiologica per COVID-19.

Pertanto, resta applicabile la disciplina generale in materia prevista dall’articolo 3, comma 7, del D. Lgs. n. 148/2015, prevedendo che il trattamento di integrazione salariale sostituisce in caso di malattia l’indennità giornaliera di malattia, nonché la eventuale integrazione contrattualmente prevista. È però necessario distinguere il momento in cui insorge la malattia:

  • se la malattia insorge durante la sospensione dal lavoro (cassa integrazione a 0 ore), il lavoratore continuerà ad usufruire delle integrazioni salariali, mentre nel caso in cui la malattia insorga durante una riduzione dell’orario di lavoro prevale l’indennità di malattia;
  • se lo stato di malattia è precedente l’inizio della sospensione dell’attività lavorativa nel caso in cui la totalità del personale in forza all’ufficio, reparto, squadra o simili cui il lavoratore appartiene ha sospeso l’attività, anche il lavoratore in malattia entrerà in CIG dalla data di inizio della stessa, mentre qualora non venga sospesa dal lavoro la totalità del personale in forza all’ufficio, reparto, squadra o simili cui il lavoratore appartiene, il lavoratore in malattia continuerà a beneficiare dell’indennità di malattia, se prevista dalla vigente legislazione.

Quarantena per contagio nel luogo di lavoro

L’Inail è intervenuto con la Circolare 20 maggio 2020, n. 22 fornendo chiarimenti in merito alla tutela infortunistica nei casi accertati di infezione da Covid-19 contratto in occasione di lavoro.

L’Istituto chiarisce che le patologie infettive, comprese pertanto anche quelle da Sars-Cov-2, contratte in occasione di lavoro sono da sempre inquadrate e trattate come infortunio sul lavoro poiché la causa virulenta viene equiparata alla causa violenta propria dell’infortunio, anche quando i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo.

In tali casi, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’Inail che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato.

Le prestazioni Inail nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro.

La Circolare chiarisce inoltre che gli oneri degli eventi infortunistici del contagio non incidono sull’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico, ma sono posti carico della gestione assicurativa nel suo complesso, a tariffa immutata, e quindi non comportano maggiori oneri per le imprese.

Pertanto, è esclusa qualsiasi incidenza degli infortuni da COVID-19 sulla misura del premio pagato dal singolo datore di lavoro, ciò in quanto tali eventi sono stati a priori ritenuti frutto di fattori di rischio non direttamente e pienamente controllabili dal datore di lavoro al pari degli infortuni in itinere.

In tali ultime fattispecie, infatti, l’Istituto riconosce la tutela assicurativa al lavoratore infortunato nel tragitto casa-lavoro e viceversa, ma al datore di lavoro non viene imputata alcuna conseguenza per l’evento infortunistico. Rientrano nella categoria degli infortuni in itinere anche gli eventi di contagio da nuovo coronavirus accaduti durante tale percorso che sono configurabili come infortunio in itinere (sempre che ne sussistano i requisiti).

Il certificato di infortunio dovrà contenere una serie di dati:

  • i dati anagrafici completi del lavoratore;
  • quelli del datore di lavoro;
  • la data dell’evento/contagio;
  • la data di astensione dal lavoro per inabilità temporanea assoluta conseguente al contagio da virus;
  • ovvero la data di astensione dal lavoro per quarantena o permanenza domiciliare fiduciaria del lavoratore sempre legata all’accertamento dell’avvenuto contagio e, in particolare per le fattispecie per le quali non opera la presunzione semplice dell’avvenuto contagio in relazione al rischio professionale specifico;
  • le cause e circostanze;
  • la natura della lesione e il rapporto con le cause denunciate.

Ai fini della certificazione dell’avvenuto contagio si ritiene valida qualsiasi documentazione clinico-strumentale in grado di attestare, in base alle conoscenze scientifiche, il contagio stesso.

Inoltre, l’Inail nel medesimo provvedimento ha ben precisato come una eventuale responsabilità del datore di lavoro possa essere ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto legge 16 maggio 2020, n.33.

Pertanto, il rispetto delle misure di contenimento, se sufficiente a escludere la responsabilità civile del datore di lavoro, non sarà certo bastevole per invocare la mancata tutela infortunistica nei casi di contagio da Sars-Cov-2, non essendo possibile pretendere negli ambienti di lavoro il rischio zero. Circostanza questa che ancora una volta porta a sottolineare l’indipendenza logico-giuridica del piano assicurativo da quello giudiziario.

 

Assenza dei lavoratori genitori per quarantena scolastica dei figli

Genitori di figli minori di 14 anni (limite elevato a 16 anni dal D.L. 137/2020)

La Legge di conversione 13 ottobre 2020, n. 126 del Decreto Legge 14 agosto 2020, n. 104 ha assorbito nell’articolo 21-bis, ulteriormente modificato per mezzo del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n.137, la disciplina relativa al congedo Covid-19, a favore di genitori con figli in quarantena, inizialmente introdotta dall’articolo 5 del Decreto Legge dell’8 settembre 2020, n. 111.

In materia è intervenuta la Circolare Inps del 2 ottobre 2020, n. 116 chiarendo l’originaria disposizione.

In alternativa alla possibilità di svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile, possono beneficiare del congedo i soli genitori lavoratori dipendenti con figli minori di 14 anni (limite innalzato a 16 anni per effetto dell’art. 22 del D.L. 137/2020) compresi quelli affidatari o collocatari di minore, mentre restano esclusi i genitori lavoratori autonomi e i genitori iscritti alla Gestione Separata.

Il congedo è fruibile nel caso in cui il minore di 14 anni (leggasi “anni 16”) sia stato posto in quarantena dal Dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente, a seguito di contatto verificatosi all’interno del plesso scolastico, nonché nel caso in cui sia stata disposta la sospensione dell’attività didattica in presenza del figlio convivente minore di anni sedici.

È da ricordare che nelle sole ipotesi in cui la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile e comunque in alternativa alla stessa, uno dei genitori, alternativamente all’altro, può astenersi dal lavoro per tutto o parte del periodo corrispondente alla durata della quarantena del figlio, minore di anni quattordici, disposta dal dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente a seguito di contatto verificatosi all’interno del plesso scolastico. L’art. 22 del D.L. 137/2020 aggiunge inoltre che, nel caso in cui l’età dei figli sia compresa fra 14 e 16 anni, i genitori hanno diritto di astenersi dal lavoro senza corresponsione di retribuzione o indennità né riconoscimento di contribuzione   figurativa, con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro.

Si assiste pertanto alla possibilità di godere ad un permesso “Covid” strutturato su due livelli.

Il primo valido in presenza di fili minori di 14 anni; in tal caso il permesso sarà indennizzato.

Il secondo nei casi di figli conviventi con età tra 14 e 16 anni; in tale ipotesi l’assenza è ammessa ma senza riconoscimento di alcuna remunerazione ma con il diritto al mantenimento del posto di lavoro.

Per poter fruire del congedo di cui trattasi, il genitore richiedente deve essere in possesso di tutti i seguenti requisiti:

  • deve avere un rapporto di lavoro dipendente in essere;
  • non deve svolgere lavoro in modalità agile durante i giorni di fruizione del congedo COVID-19 per quarantena scolastica dei figli;
  • il figlio, per il quale si fruisce il congedo, deve essere minore di anni 14 (al compimento del 14° anno di età, il congedo non potrà essere più indennizzato).
  • deve essere convivente (residenza anagrafica nella stessa abitazione del genitore richiedente il congedo) durante tutto il periodo di fruizione del congedo;
  • il figlio per il quale si fruisce il congedo deve essere stato messo in quarantena con provvedimento dell’ ASL a seguito di contatto verificatosi all’interno del plesso scolastico ovvero deve essere stata disposta la sospensione dall’attività didattica.

Il congedo può essere fruito per periodi di quarantena ricadenti nell’arco temporale che va dal 9 settembre 2020 fino al 31 dicembre 2020. La durata massima del congedo coincide con il periodo di quarantena disposto dal provvedimento del Dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente, a seguito di contatto verificatosi all’interno del plesso scolastico. Tuttavia, in caso di proroghe del provvedimento o di nuovi provvedimenti emessi per lo stesso oppure per altro figlio convivente, il congedo è fruibile durante tutti i periodi di quarantena disposti per i figli dal succitato Dipartimento di prevenzione.

Nel caso di più provvedimenti di quarantena, per uno o più figli, e per periodi parzialmente sovrapposti viene comunque corrisposta un’unica indennità.

Il congedo può essere richiesto per tutto il periodo di quarantena o per una parte dello stesso e i genitori possono alternarsi nella fruizione sussistendone il diritto. È inoltre possibile annullare le domande per i periodi eventualmente non fruiti.

Al genitore con figlio minore di 14 anni è riconosciuta un’indennità pari al 50% della retribuzione, calcolata secondo le disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità. Inoltre, l’Inps precisa che l’indennità è riconosciuta “in luogo della retribuzione” e pertanto sono indennizzabili, con pagamento diretto o a conguaglio, solamente le giornate lavorative ricadenti all’interno del periodo di congedo di quarantena richiesto e disposto nel provvedimento del Dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente.

Infine, la Circolare definisce una serie di ipotesi di assenze da parte dell’altro genitore convivente con il figlio per il quale è stata disposta la quarantena che possono risultare compatibili o meno con la fruizione del Congedo Covid-19 per quarantena scolastica del figlio da parte del genitore richiedente.

Sussiste la compatibilità nel caso di malattia, congedo di maternità o paternità, ferie, aspettativa non retribuita, soggetto “fragile”, permessi e congedi ai sensi della Legge n. 104/1992, inabilità e pensione di invalidità.

Invece, la fruizione del Congedo Covid-19 non è compatibile con la fruizione da parte dell’altro genitore convivente con il figlio minore di 14 anni del congedo COVID-19 per quarantena scolastica dei figli, del congedo parentale (negli stessi giorni), dei riposi giornalieri della madre o del padre, di strumenti a sostegno del reddito per sospensione o cessazione dell’attività lavorativa (casse int., Naspi, Dis-Coll), nel caso di cessazione del rapporto di lavoro o dell’attività lavorativa, ovvero di svolgimento di lavoro agile (negli stessi giorni), part-time e intermittente.

La domanda per la fruizione del congedo deve essere presentata esclusivamente in modalità telematica tramite il portale web, il Contact center integrato ovvero i Patronati.

Genitori con figli in condizioni di disabilità grave

La Legge di conversione n. 126/2020 ha inoltre introdotto l’articolo 21-ter prevedendo che, fino al 30 giugno 2021, i genitori lavoratori dipendenti privati che hanno almeno un figlio in condizioni di disabilità grave riconosciuta ai sensi della Legge n. 104/1992, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore non lavoratore e che l’attività lavorativa non richieda necessariamente la presenza fisica, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali, fermo restando il rispetto degli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81. In base a questi ultimi, il datore di lavoro deve garantire la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegnare al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. I datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità ovvero dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

 

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