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Mercatino dei beni usati, vendite senza certificazione Iva

 

L’agenzia d’affari espone e vende al pubblico beni ricevuti in conto vendita da privati consumatori, al prezzo concordato con costoro e che provvede ad annotare i beni ricevuti nel «registro giornale degli affari». All’atto della vendita, trattiene una percentuale del ricavato e rilascia all’acquirente uno scontrino «esente Iva» emesso attraverso il registratore di cassa, mentre al proprietario del bene rilascia una ricevuta riportante gli elementi della vendita.

 

Nel caso di mancata vendita entro sessanta giorni dall’affidamento, se il proprietario non provvede al ritiro dei beni entro dieci giorni, il contribuente ne acquisisce la proprietà a titolo gratuito e può disporne liberamente.

 

L’attività in esame è soggetta a vigilanza, ai sensi dell’art. 115 del rd n. 773/1931 (testo unico leggi di p.s.), con obbligo di tenere, in base all’art. 120, un registro giornale degli affari e di esporre la tabella delle operazioni con la tariffa dei compensi spettanti.

 

Essendo noto che i c.d. mercatini dell’usato commerciano beni di terzi ai quali è possibile risalire attraverso il cartellino di vendita e le annotazioni riportate nel predetto registro, l’attività in esame è riconducibile alla cessione di beni di terzi secondo le regole del mandato con rappresentanza; la spendita del nome del rappresentato non esige «l’uso di formule sacramentali e può, quindi, essere desunta anche da un comportamento del rappresentante che, per univocità e concludenza, sia idoneo a rendere edotto l’altro contraente che egli agisce non solo nell’interesse, ma anche in nome del rappresentato, nella cui sfera giuridica gli effetti degli atti sono destinati a prodursi direttamente».

 

L’impresa che vende beni usati in nome e per conto di privati effettua operazioni fuori campo Iva, per le quali non ha neppure obblighi di certificazione; dovrà però emettere nei confronti dei mandanti la fattura per la propria provvigione, trattenuta direttamente dal ricavato della vendita, ancorché senza l’addebito dell’Iva se si avvale del regime forfetario di cui all’art. 1 della legge n. 190/2014.

 

Posto che il mandato è conferito da soggetti privati che non svolgono attività economica agli effetti dell’Iva, la cessione di un bene al cliente finale non è rilevante ai fini dell’imposta, sicché può essere documentata dal mandatario con una semplice quietanza; allo stesso modo potrà essere documentato il riversamento al mandante dell’importo pattuito, fermo l’obbligo di tenere traccia delle somme incassate e custodite conto terzi.

 

È invece rilevante ai fini Iva il compenso spettante al mandatario, il quale dovrà pertanto emettere fattura, ancorché senza addebito dell’imposta, se il contribuente si avvale del regime forfetario (motivo per cui la fattura potrà essere cartacea o elettronica).

 

Relativamente alla cessione dei beni non ritirati dai proprietari, acquisiti e venduti in proprio dal contribuente, il relativo corrispettivo, anche se il contribuente si avvale del regime forfetario, è soggetto agli obblighi di certificazione mediante registratore telematico oppure mediante la procedura di trasmissione telematica dei corrispettivi ed emissione del documento commerciale, salva la facoltà di emettere fattura.

 

La base imponibile del contribuente in regime forfetario è determinata applicando ai ricavi, corrispondenti alle provvigioni delle vendite in nome e per conto terzi e all’intero corrispettivo delle vendite in proprio, i coefficienti stabiliti dalla legge in relazione alla redditività presunta di ciascuna attività. In proposito, è da osservare che la provvigione trattenuta per le vendite in nome e per conto rappresenta il corrispettivo della prestazione di servizio resa dal mandatario al mandante.

 

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