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Perdite su crediti, impatto dell’emergenza Covid

 

L’emergenza Covid ha pesantemente influito sulle attività economiche, richiedendo, di conseguenza, una verifica analitica dei crediti iscritti in bilancio e delle possibili rilevazioni delle perdite. L’analisi della solvibilità ed il calcolo delle eventuali perdite sui crediti commerciali vantati, avranno un impatto rilevante sul calcolo del reddito imponibile. Al riguardo, vanno sempre tenuti presenti i principi che disciplinano la deducibilità fiscale delle perdite stesse.

 

Con l’avvicinarsi della fine del primo esercizio in cui il Covid ha pesantemente influito sulle attività economiche, più che mai si rende indispensabile una verifica analitica dei crediti iscritti in bilancio e delle possibili rilevazioni delle perdite, specie per transazioni economiche che non hanno ancora avuto la correlata manifestazione finanziaria. L’analisi della solvibilità nonché il calcolo delle possibili perdite sui crediti commerciali vantati avranno un impatto decisamente rilevante sulla determinazione del reddito imponibile: in tale situazione occorrerà altresì confrontarsi con i principi che determinano la deducibilità fiscale delle perdite stesse, partendo naturalmente da un’analisi civilistica di ogni singola iscrizione debitoria.

 

Ai sensi dell’articolo 101, comma 5, del Tuir le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi, e, in ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali oppure ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis della legge fallimentare o un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, comma 3, lettera d), del medesimo provvedimento o, infine, è assoggettato a procedure estere equivalenti, previste in Stati con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni. In tale cornice normativa, sono intervenute recentemente sia la possibilità di trasformare i crediti deteriorati in crediti d’imposta, sia la legge di Bilancio 2019, la quale ha introdotto nuove norme in materia con riferimento agli enti creditizi e finanziari e alle imprese di assicurazione in sede di prima applicazione dell’IFRS 9.

 

L’esame dei riflessi tributari della rilevazione di perdite su crediti non può prescindere dalla corretta contabilizzazione delle stesse sotto il profilo civilistico e contabile.

 

Ai sensi del quinto comma dell’articolo 101 del Tuir, le perdite su crediti sono deducibili soltanto se risultano da elementi “certi e precisi”. Si ritiene che i caratteri di “certezza” e “precisione” sussistano ogniqualvolta:

  • l’importo del credito sia modesto e dalla scadenza di pagamento sia decorso un periodo di almeno 6 mesi. A tal fine, l’importo si considera modesto qualora non superiore a 2.500 euro (soglia elevata a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione, la cui definizione è rinvenibile nell’articolo 27, comma 10, Dl 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modifiche dalla  28 gennaio 2009, n. 2);
  • il diritto si sia prescritto;
  • l’impresa abbia, in applicazione dei principi contabili, cancellato i crediti dal bilancio.

 

Le perdite su crediti, in relazione ai quali è stato calcolato l’importo deducibile, possono essere dedotte soltanto per la parte eccedente l’ammontare dell’accantonamento dei rischi su crediti dedotti nei precedenti esercizi. A tal fine sarebbe opportuno che nelle società di capitali si adotti una delibera assembleare o dell’organo amministrativo che discuta sulle tecnicalità che devono presiedere per operare la rinuncia al recupero del credito e alla sua conseguente cancellazione dalla contabilità dell’azienda.

 

Al riguardo, l’agenzia delle Entrate ha precisato che “La prescrizione del diritto di esecuzione del credito iscritto nel bilancio del creditore (…) ha come effetto quello di cristallizzare la perdita emersa e di renderla definitiva”, e “(…) resta salvo il potere dell’Amministrazione di contestare che l’inattività del creditore abbia corrisposto ad una effettiva volontà liberale”. Inoltre è stato affermato che, in linea di principio, la prescrizione del credito rappresenta un elemento “certo e preciso” (ai fini dell’applicabilità del richiamato articolo 101, quinto comma, del Tuir), che consente ad un’impresa di dedurre la relativa perdita su crediti, sempreché l’inattività del creditore non abbia corrisposto ad una effettiva volontà liberale“la quale dovrà essere desunta dagli specifici fatti e circostanze pertinenti al caso di specie”.

 

L’articolo 101, comma 5, del Tuir include la possibilità di considerare, tra gli elementi certi e precisi, anche la cancellazione del credito dal bilancio, che tuttavia deve avvenire sulla base di una corretta applicazione dei principi contabili. A tal fine rilevano i paragrafi da 71 a 77 dell’Oic n. 15. Detto principio, in particolare, prevede che si debba procedere alla cancellazione del credito dal bilancio nel momento in cui si siano estinti i diritti contrattuali sui flussi finanziari” o in alternativa quando “la titolarità dei diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito è trasferita”. Il passaggio dei diritti contrattuali non è elemento sufficiente per procedere con la cancellazione del credito dalla contabilità in quanto l’Oic prevede anche come ulteriore requisito che siano “trasferiti sostanzialmente tutti i rischi inerenti al credito”. A tal fine si rende necessaria un’attenta rilettura delle clausole contrattuali che, specie nel caso in cui il credito sia stato oggetto di cessione, dovranno prevedere un passaggio sostanziale di tutti i rischi inerenti alla possibile mancata riscossione del dovuto/pattuito ab origine. Interessante notare che nel caso in cui non siano stati trasferiti tutti i rischi ma ne permangano alcuni, anche potenziali e con un tasso di rischio alquanto limitato, potrebbe essere necessario provvedere all’effettuazione di un accantonamento apposito in un fondo rischi ed oneri, ai sensi dell’Oic n. 31. In tale caso, il fondo rischi da accantonare dovrà rispettare talune condizioni specifiche, pena l’impossibilità di rilevare l’accantonamento e più specificamente:

  1. il rischio seppure minimale dev’essere potenziale e definibile giuridicamente;
  2. l’accantonamento deve quindi essere stimato in termini quantitativi e rispecchiare il rischio residuale che la società cedente il credito si sia assunta, escludendo quindi una generalizzazione del rischio e la conseguente impossibilità nella determinazione dell’importo.

 

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