Aumento dei contratti, dati incoraggianti in vari comparti, i segnali di una crescita costante. La struttura delle reti di impresa è un fenomeno in indubbia ascesa, come certificato dal terzo Rapporto dell’Osservatorio nazionale sulle reti d’impresa.
La definizione di rete di impresa: procedere in questa direzione significa stipulare un accordo di collaborazione tra imprese con un contratto di rete. Si tratta, dunque, di un modello di business alternativo che lascia anche autonomia soggettiva a ciascuna impresa che fa parte della rete, con obiettivi comuni tra loro. Ad esempio, scambiare know-how o prestazioni industriali, commerciali, tecnologiche collaborare nell’ambito delle rispettive aziende, o ancora esercitare in comune attività di impresa. Vantaggi potenziali e sostanziali, insomma, certificati dai dati del report dell’Osservatorio: nel 2021 i contratti di rete sono infatti aumentati del 13,3% e le imprese in rete del 10%; si confermano prevalenti le ‘reti contratto’ (85%). In totale, al 31 dicembre 2021 si contano 42.232 imprese in rete per un totale di 7.541 contratti di rete.
Le imprese più coinvolte nei contratti di rete appartengono a tre settori: agroalimentare (22%), commercio (14%) e costruzioni (12%) e hanno sede nel Lazio (24,3%) seguito da Lombardia (10,5%) e Veneto (7,8%). Dal punto di vista delle performance, le reti più efficaci e coese sono dotate di risorse e competenze complementari e considerano importanti le tecnologie legate ai dati e all’automazione, soprattutto in ambito Made in Italy. Da sottolineare, ancora, come specifici focus riguardano la digitalizzazione, il ruolo tutto da giocare delle startup e delle grandi imprese.
Emerge il ruolo delle reti come “incubatore virtuale” che permette alle startup italiane di crescere mettendo a disposizione delle imprese più tradizionali le proprie competenze tecniche, know how, innovazione e creatività.
Come ha commentato il Sottosegretario al Lavoro e delle Politiche Sociali Tiziana Nisini: “Le reti d’impresa rappresentano un innovativo modello di organizzazione del lavoro e possono contribuire a rafforzare le competenze e i livelli di specializzazione all’interno delle filiere. È evidente che parlare di rete significa parlare di gruppo, vuol dire unire competenze per creare sinergia, vuol dire proporre soluzioni di elevata qualità e professionalità, anche per favorire il mantenimento dei livelli di occupazione e sostenere politiche attive del lavoro e ricambio generazionale”.
I risultati confermano che queste reti si formano prevalentemente per istituzionalizzare relazioni pregresse o sulla spinta di poche imprese che promuovono la nascita della rete.
I dati sul turnover delle reti dipingono reti dalle compagini stabili, come nel 2019, che tendono a non modificare gli appartenenti alla rete e gli strumenti di governance e coordinamento adottati. Inoltre, nonostante il contratto di rete sia ormai diffuso da 12 anni, le reti intervistate non presentano forme di evoluzione verso aggregazioni di rete più strutturate o verso joint-venture o fusioni, ma propendono invece verso il rinnovo dello stesso contratto di rete in essere. I dati suggeriscono quindi che le imprese in rete sono propense a rinnovare e a rafforzare la rete, senza utilizzare questo modello organizzativo come step intermedio verso altre forme contrattuali – e più tradizionali – di aggregazione.
Da sottolineare, infine, una forte diffusione e la rilevanza delle tecnologie digitali nelle reti e che le reti del campione stanno costruendo il proprio universo tecnologico a partire dalla rivoluzione dei dati, ed in seconda battuta sull’automazione, che ha il compito di portare i risultati della analisi dei dati all’interno dei processi produttivi. Un processo che gioverà anche dei finanziamenti in arrivo dall’Unione europea.
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