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R&S, i finanziamenti garantiti aprono la porta ai tax credit

 

Le misure di liquidità contenute nel decreto Sostegni-bis agevolano le imprese nell’ottenimento dei finanziamenti indirizzati a certe tipologie di investimenti ed hanno un’importante ricaduta in termini di agevolazione fiscale da ricerca, sviluppo e innovazione.

 

L’articolo 12 del Dl 73/2021 riguarda la garanzia del Fondo centrale (Fcg) in relazione ai grandi portafogli di finanziamenti a medio-lungo termine per progetti di ricerca e sviluppo e programmi di investimento. La misura è indirizzata alle small mid cap fino a 499 dipendenti e rafforza il meccanismo di garanzia del Fondo. In sostanza da un lato vi sono le banche che costruiscono portafogli di finanziamenti fino a 500 milioni di euro, con durata da 6 a 15 anni, finalizzati per almeno il 60% a progetti di ricerca, sviluppo e innovazione e/o di programmi di investimenti. Qui si innesta quindi la garanzia pubblica, in quanto si prevede una tranche junior, che è quella più rischiosa, dove l’80% è coperto dalla garanzia mentre il 20% resta in capo al soggetto finanziatore. La tranche junior non può superare il 25% dell’ammontare del portafoglio di finanziamenti.

 

In relazione ai singoli finanziamenti inclusi nel portafoglio garantito, il Fondo copre l’80% della perdita registrata sul singolo finanziamento. È evidente quindi l’appeal della misura per la banca, atteso che sulla parte più rischiosa potrà beneficiare della garanzia di Fcg. Esso è incrementato dal fatto che l’ammissione alla garanzia avviene senza la preventiva valutazione del gestore del Fondo Pmi e con la probabilità di default (Pd) dell’impresa beneficiaria calcolata dall’istituto finanziatore, secondo i propri modelli interni di rating. Il vantaggio a questo punto si scarica a valle sulle imprese, che potranno beneficiare di maggiori finanziamenti per l’uscita dalla fase pandemica.

 

La misura viene focalizzata verso lo scopo di sostenere gli investimenti meritevoli delle imprese in uscita dalla pandemia, attraverso una copertura fino al 25% del portafoglio, consentendo quindi di ammettere imprese sensibilmente più rischiose. Peraltro, una percentuale dell’80% consente da un lato un allineamento di interessi fra lo Stato e la banca e dall’altro di operare al di fuori del temporary framework, senza gli specifici limiti temporali di durata. Inoltre, il ramp up di 24 mesi nella costruzione del portafoglio consente di aumentarne la granularità e di concedere un preammortamento che viene incontro alle esigenze dei flussi di cassa delle imprese che fuoriescono dalla fase pandemica.

 

La norma in questione prevede che questi portafogli di finanziamenti siano finalizzati almeno al 60% a progetti di ricerca, sviluppo e innovazione o programmi di investimenti; resta tutta la componente dei progetti di ricerca, sviluppo e innovazione, che coincide da un punto di vista oggettivo con il perimetro dell’agevolazione del credito d’imposta per ricerca, sviluppo e innovazione. Esso riguarda gli investimenti in:

  • ricerca e sviluppo;
  • innovazione tecnologica;
  • altre attività innovative (design e ideazione estetica).

 

Per la ricerca e sviluppo il credito d’imposta è riconosciuto in misura pari al 20% della relativa base di calcolo nel limite massimo di 4 milioni di euro. Per l’innovazione tecnologica esso è riconosciuto in misura pari al 10% (15% per l’innovazione 4.0 e green) nel limite massimo di 2 milioni di euro. Stesse misure valgono per il design e l’ideazione estetica.

 

Va da sé che l’accoppiata della misura finanziaria agevolativa per le small mid cap e lo sfruttamento del credito d’imposta appare vincente.

 

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