Sono oltre 125mila le imprese che possono beneficiare delle agevolazioni dell’Ace innovativa.
La forma di incentivo delle patrimonializzazioni introdotta dal 2011 è stata rivista e corretta dal decreto Sostegni bis alzando dall’1,3 al 15% l’aliquota per il calcolo del rendimento nozionale delle variazioni di aumento di capitale per l’anno di imposta 2021. Agevolazione che può essere trasformata in credito di imposta e compensata con altri oneri e tributi.
Anche se il provvedimento limita l’efficacia dell’aliquota a variazioni entro i 5 milioni di euro, dunque a vantaggio di imprese di piccole e medie dimensioni.
Pertanto, il beneficio del 15% su versamenti soci effettuati nel 2021 (anche per effetto di rinuncia a crediti derivanti da precedenti finanziamenti) e sugli utili 2020 accantonati a riserva in sede di approvazione del bilancio 2021, fino al limite di 5 milioni di euro, spetta anche nel caso in cui il patrimonio netto contabile, per effetto delle perdite subite nel corso del 2021, sia inferiore a tale ammontare.
In sintesi, gli incrementi di patrimonio attuati nel 2021 (per versamenti in denaro dei soci o per accantonamento di utili a riserva), verranno valorizzati, ai fini del calcolo dell’agevolazione, separatamente dalla base Ace formata fino al 2020, fino a un tetto di 5 milioni di euro: entro questo limite i) si applicherà un coefficiente del 15% in luogo dell’attuale 1,3%, ii) non si applicherà la regola del pro-rata temporis sui versamenti soci e iii) non si applicherà il limite del patrimonio netto, per determinare il beneficio Ace.
Sulla base Ace già esistente al 31 dicembre 2020 nonché sugli incrementi 2021 eccedenti i 5 milioni continua invece ad applicarsi l’aliquota ordinaria del 1,3%, nonché – presumibilmente – la regola del pro-rata temporis sui versamenti in corso d’anno ed il limite del patrimonio netto.
La norma, peraltro, si limita a fissare le regole applicabili agli incrementi patrimoniali 2021 (entro il limite di 5 milioni di euro), senza disciplinare le sorte di tali incrementi nei periodi d’imposta successivi. A tal proposito, considerate i meccanismi di funzionamento dell’incentivo, appare ragionevole ipotizzare che – a decorrere dal 2022 – ritorni applicabile il tasso di rendimento nozionale dell’1,3% sull’intero incremento patrimoniale registrato rispetto alla data di riferimento per il calcolo dell’Ace (bilancio 2010), incluso lo «strato» di 5 milioni che ha usufruito dell’incentivo maggiorato nel 2021. Una diversa soluzione, volta a ritenere che l’incremento patrimoniale 2021 che ha usufruito della maggiorazione vada sterilizzato per il calcolo della base Ace dei successivi esercizi, apparirebbe poco coerente con le regole generali, oltre che estremamente complessa da gestire negli esercizi successivi.
L’altra novità introdotta dal Decreto in esame riguarda le modalità di fruizione dell’incentivo, che secondo le regole ordinarie comporterebbe una riduzione dell’imponibile 2021 (da indicare nel modello Redditi 2022), generando un risparmio finanziario per l’impresa beneficiaria in sede di saldo 2021 (quindi a giugno 2022 per i soggetti «solari») e solo in presenza di un imponibile Ires positivo e di un’imposta a debito. In proposito, il comma 3 prevede la possibilità di ottenere il riconoscimento dell’incentivo in via anticipata, sotto forma di credito d’imposta, sempre nel limite degli incrementi patrimoniali di 5 milioni. Tale credito d’imposta è calcolato applicando al rendimento nozionale maggiorato del 15% le aliquote Ires (o Irpef) in vigore nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 e può essere utilizzato, previa comunicazione all’agenzia delle Entrate, dal giorno successivo a quello dell’avvenuto versamento del conferimento in denaro, o dal giorno successivo alla rinuncia o alla compensazione di crediti, o dal giorno successivo alla delibera dell’assemblea di destinare, in tutto o in parte, a riserva l’utile di esercizio.  In alternativa alla compensazione in F24, il credito d’imposta può essere chiesto a rimborso o – sempre previa comunicazione all’agenzia delle Entrate – può essere ceduto a terzi (non necessariamente intermediari finanziari), con possibilità di successiva cessione del credito ad altri soggetti; il cessionario può usufruire del credito con le stesse modalità previste per il soggetto cedente, quindi compensazione in F24, richiesta a rimborso e cessione a terzi. In conformità a quanto previsto in altri ambiti (ad esempio, cessioni di crediti da «superbonus»), i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto, mentre le eventuali contestazioni in merito alla spettanza del credito ricadono esclusivamente sul soggetto che l’ha generato.
Il credito d’imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi e non è tassabile ai fini Ires e Irap.
I meccanismi di recapture variano a seconda che l’incentivo sia stato fruito attraverso conversione in credito d’imposta o con modalità ordinarie.
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