La disciplina di legge concernente la vendita online di prodotti alimentari, a dire il vero, non differisce completamente dalla normativa in tema di commercio elettronico, ma viene semplicemente integrata con il Regolamento comunitario 1169/2011/UE che ne definisce meglio gli ambiti di applicazione e le prescrizioni. Si tratta, infatti, di una materia delicata, che oltre a rispettare alcune regole di tutela del consumatore riguarda l’importantissimo settore del diritto alla salute.
Vendere alimenti online: quali requisiti? Il Merchant che vuole vendere online deve provvedere ad alcuni adempimenti iniziali, previsti per l’avvio dell’attività, a seconda che decida di commercializzare beni alimentari all’ingrosso o al dettaglio.
Requisiti personali per la vendita all’ingrosso: Con l’entrata in vigore del D.lgs. 147/2012, art. 9, l’esercizio dell’attività di commercio all’ingrosso di generi alimentari è subordinata esclusivamente al possesso dei requisiti di “onorabilità”, nello specifico:
Requisiti personali e professionali per la vendita al dettaglio e online: Per quanto riguarda, invece, l’attività di commercio al dettaglio e online di generi alimentari il Merchant deve tenere presente si requisiti di onorabilità previsti per il commercio all’ingrosso, occorre il possesso di ulteriori requisiti di tipo professionale e morale, da dimostrare al Comune di appartenenza. Basta possederne uno dei seguenti, in alternativa:
Gli adempimenti amministrativi e burocratici: Dal punto di vista operativo, il venditore deve seguire alcuni passi essenziali:
Gli oneri informativi: Al Merchant che intende vendere “a distanza” beni alimentari è imposta l’osservanza di alcuni oneri informativi. Nella specie, si tratta di indicazioni sull’identità del merchant, sul bene offerto nonché sugli accessori alla vendita (es. diritto di recesso, solo se previsto), dati devono essere disponibili sia prima che l’utente perfezioni l’acquisto online, sia nel momento successivo in cui egli riceve i beni (messi a Sua disposizione in formato elettronico o cartaceo). Tra le informazioni ritenute di fondamentale importanza, sia per una piena consapevolezza dell’acquisto sia al fine di consentire all’utenza una completa valutazione sulla convenienza della transazione commerciale, vi sono poi le indicazioni sulle “proprietà speciali” e caratterizzanti di ciascun bene alimentare, che ricomprendono anche le informazioni su allergeni e nutrienti. Su questo fronte, il merchant (produttore dell’alimento o anche semplice distributore) è chiamato anzitutto a verificare la presenza di un’etichetta che riporti tutti i dati alimentari che la legge prescrive per quello specifico prodotto. È obbligatorio che:
Accanto alle informazioni obbligatorie in etichetta sarà, poi, possibile inserire le c.d. informazioni complementari, ossia consigli e suggerimenti sul consumo specifico dell’alimento. Ad esempio:
La corretta indicazione degli elementi nutrizionali in etichetta, oltre ad assolvere allo scopo di informare adeguatamente il consumatore, costituisce una valida prova per il produttore e per i merchant in merito all’assolvimento degli oneri informativi su di loro gravanti. Più è completa l’informazione, maggiormente evidente sarà la chiarezza, la trasparenza e la buona fede del professionista.
Il recesso per i beni alimentari: Nelle vendite online, l’art. 52 del Codice del Consumo prescrive l’obbligo per il merchant di informare il proprio acquirente circa il diritto di restituire il bene, entro 14 giorni dalla consegna, nel caso in cui questi – anche senza motivazione – non intenda restare in possesso del prodotto. Tale diritto, definito “recesso”, il cui ambito di applicazione copre una vasta area di settori, beni e servizi, viene però escluso per alcune specifiche categorie di prodotti. Tra esse, vi rientrano a pieno titolo anche alcuni tipi di beni alimentari, e nello specifico: quelli che sono “suscettibili di deteriorarsi o scadere rapidamente”. Questo perché il considerevole lasso di tempo intercorrente tra l’esercizio del diritto di ripensamento e l’effettivo riacquisto del possesso del bene da parte del venditore (14 giorni per la comunicazione + 14 giorni per la restituzione per un totale di 28 giorni dalla consegna) si rivela troppo lungo per garantire che il bene alimentare non abbia subito alterazioni nel frattempo. Vi sono alcune particolari categorie di prodotti che possiedono caratteristiche tali da non potersi adeguatamente conservare o accantonare in attesa dello spirare del termine di recesso (si pensi al pesce, alle verdure fresche, ai surgelati, …). A livello legislativo, il D. Lgs. 3 marzo 1993, n. 123 ha da tempo definito come deteriorabili una serie di sostanze alimentari particolarmente delicate per via della loro composizione chimico-fisica (erano inclusi nella lista latte; latticini; tutti i prodotti alimentari preconfezionati il cui periodo di vita commerciale sia inferiore a novanta giorni; alcuni prodotti a base di carne; prodotti della pesca; prodotti freschi; prodotti ortofrutticoli e paste fresche con ripieno). Successivamente all’emanazione del Decreto menzionato, tuttavia, il Ministero della Salute ha ritenuto opportuno specificare meglio le caratteristiche di alcune categorie di beni alimentari suscettibili di alterazione, introducendo la differenza tra bene deteriorabile e bene deperibile. Così, sulla G.U. del 17 maggio 2002, è stata pubblicata un’Ordinanza, rubricata “Requisiti-igienico sanitari per il commercio dei prodotti alimentari sulle aree pubbliche”, che ha definito deperibile “qualunque alimento che abbia la necessità di condizionamento termico per la sua conservazione”. Il concetto di alimento “deperibile”, a differenza di quello “deteriorabile” si presta quindi a ricomprendere non solo quegli alimenti che, col passare del tempo, mutano le loro caratteristiche organolettiche e chimico-fisiche se non vengono conservati con particolari metodologie. La nuova categorizzazione, però, è stata ritenuta molto generica e pericolosa, poiché si presta a interpretazioni non sempre univoche. Per questo, di recente, con l’emanazione della L. 27/2012, si è deciso di specificare all’art. 62 che: “Per «prodotti alimentari deteriorabili» si intendono i prodotti che rientrano in una delle seguenti categorie:
Come intuibile, quindi, si tratta di prodotti alimentari il cui stato di conservazione incide pesantemente sulla possibilità di poter essere restituiti e sulla salute dello stesso consumatore. In conclusione, dunque, tornando al tema del recesso, è possibile affermare che per beni deperibili, deteriorabili e per le specifiche categorie sopra esposte, la legge esclude per certo il diritto di ripensamento ex art. 52 Cod. Cons.
Fatturazione e tassazione per la vendita di generi alimentari: Sotto il profilo fiscale, la disciplina di vendita dei generi alimentari non è diversa rispetto all’attività di commercio di altri prodotti materiali. Occorre però che il Merchant tenga a mente:
La vendita online di prodotti alcolici: La compravendita online di prodotti alcolici differisce, per alcuni aspetti, da quella che si perfeziona attraverso i canali di vendita fisici. La conoscenza delle regole applicabili a ciascun contesto, pertanto, diventa fondamentale per gli operatori di settore e consente a questi di scegliere le modalità migliori per intraprendere un’attività di business online. Vino, birra e bevande spiritose presentano peculiarità che li differenziano da altri alimenti, e sono regolamentati da norme cogenti che prevedono, anche negli aspetti commerciali, prescrizioni ad hoc. La legislazione comunitaria, ad esempio, si concentra molto sugli aspetti di stoccaggio e trasporto, prescrivendo che la spedizione di prodotti vitivinicoli all’interno della Comunità europea sia accompagnata un documento compilato da una persona fisica o giuridica che sei assuma la responsabilità del contenuto e dell’operazione. Il documento di accompagnamento può essere riferibile ad un solo trasporto e deve contenere almeno le seguenti informazioni:
Nel caso dell’esportazione verso Paesi terzi, diversamente, il documento di accompagnamento deve essere presentato in originale e in copia all’ufficio doganale competente dello Stato membro a sostegno della dichiarazione di esportazione.
Fatturazione e tassazione per la vendita di alcolici: La vendita di vino attraverso internet non ha esenzioni o agevolazioni dal regime ordinario delle accise. Pertanto, la spedizione di prodotti vitivinicoli a Paesi comunitari non può che seguire le regole dettate dal Testo Unico sulle Accise. Per “accisa” si intende l’imposizione indiretta sulla produzione e sui consumi, denominata anche imposta di fabbricazione o di consumo. Si tratta di un tributo indiretto, che colpisce singole produzioni e singoli consumi, pagata prima facie produttore e poi girata, come sovraimposta, al consumatore. Secondo l’art. 27 del D.lgs. 504/95: “Sono sottoposti ad accisa la birra, il vino, le bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra, i prodotti alcolici intermedi e l’alcole etilico, ottenuti in impianti di lavorazione gestiti in regime di deposito fiscale”. Tipicamente l’accisa si distingue da altri tributi (come l’IVA) perché:
Le accise si sommano a tutte le altre imposte (come l’IVA o dazi doganali o tasse di importazione) applicabili ai prodotti di consumo. Sotto il profilo del trasporto e spedizione, infine, si precisa che dal 1 gennaio 2011 è divenuta obbligatoria la procedura di monitoraggio elettronico delle movimentazioni dei prodotti sottoposti ad accisa, mediante la sostituzione del documento di accompagnamento cartaceo con un documento elettronico.
Le questioni aperte in tema di e-commerce di alcolici: il recesso, la buona conservazione del vino e la sua deteriorabilità: E’ aperta ancora oggi, nonostante le numerose riforme in tema di diritto dei consumatori, la questione inerente l’esercizio del diritto di recesso in caso di acquisto di prodotti vitivinicoli. Tra le maggiori criticità sollevate dai merchant vi è il problema della “buona conservazione” delle bottiglie dopo la consegna avvenuta al consumatore e nel corso dei 14 giorni successivi. A detta degli esperti del settore, infatti, un’errata conservazione del vino potrebbe generare una “deteriorabilità” effettiva dell’alimento e l’impossibilità di garantire – in caso di reso – l’integrità della sostanza vinosa. Tra i principali problemi possibili:
È evidente che il pericolo che si verifichino alterazioni della sostanza in caso di gestione non accurata della conservazione della bevanda alcolica desti numerosi interrogativi e spinga le case produttrici che vendono online a concedere di malgrado il recesso al consumatore. La discontinuità nella gestione del vino, dalla iniziale consegna fino al rientro della merce in magazzino nel caso di restituzione, mette il merchant nella condizione di non sapere quali accadimenti sono avvenuti nel frattempo. Se, infatti, è sempre possibile controllare l’apparenza della confezione e la sua integrità, risulta invece complesso appurare la corretta conservazione del prodotto e l’assenza di manomissioni delle bottiglie da parte del consumatore. Questo comporta che, per sicurezza, e non potendo “ricondizionare” il bene, grandi quantità di bevande alcoliche siano eliminate senza essere mai state aperte, traducendosi in una perdita per l’azienda. In assenza di una legislazione attuale che risolva il problema, e si occupi compiutamente di studiare una soluzione per l’inadeguatezza del recesso in tema di bevande alcoliche, la soluzione è affidata alla prudenza del singolo caso specifico e al buon senso degli operatori.