A partire dal 1° gennaio 2025, i contribuenti italiani in regime forfettario che effettuano vendite a distanza di beni verso privati nell’Unione Europea potranno beneficiare dell’esenzione IVA in Italia per le cessioni intra-Ue, a patto che rispettino le nuove soglie e modalità di tracciamento imposte dalla normativa comunitaria e nazionale. L’articolo 1, comma 58, lettera b) della Legge n. 190/2014 prevede infatti che le cessioni di beni intra-Ue da parte di forfettari non costituiscano cessioni intracomunitarie, applicando quanto previsto dall’articolo 41, comma 2-bis del Dl 331/93.
Quando un contribuente forfettario italiano effettua una vendita a distanza verso un consumatore privato in un altro Stato membro dell’UE, la normativa prevede l’applicazione delle regole di tassazione nel Paese di destinazione solo se vengono superate determinate soglie. Nello specifico:
Quando un forfettario supera il limite dei 10.000 euro per vendite intra-Ue, ha due principali opzioni:
La normativa italiana esclude esplicitamente i forfettari dall’obbligo di iscriversi al VIES e di presentare elenchi riepilogativi Intrastat, semplificando gli adempimenti per chi opera con il regime di franchigia. Secondo la circolare n. 10/E del 2016 dell’Agenzia delle Entrate, le cessioni dei forfettari verso privati non sono considerate “cessioni intracomunitarie” e, quindi, tali contribuenti non sono tenuti ad effettuare la registrazione nelle banche dati VIES o a compilare elenchi Intrastat. Questo principio si applica anche alle vendite a distanza: se il trasporto dei beni è curato dal fornitore, la vendita viene trattata come cessione nazionale.
Per i contribuenti che effettuano vendite a distanza verso Paesi extra-UE, il trattamento fiscale varia a seconda del luogo di destinazione e delle normative del Paese ricevente. In tal caso, le vendite non sono soggette a IVA in Italia, ma è possibile che il Paese di destinazione applichi tasse o dazi doganali al consumatore finale.