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Nft, inquadramento giuridico e fiscale

 

Nft, token vari, ma anche la nuova “prospettiva” del metaverso presentano non pochi interrogativi sia sul piano giuridico che su quello tributario.

 

Gli Nft (sigla di non fungible token) sono sostanzialmente dei token crittografici che incorporano un diritto su un bene generalmente digitale, ma anche – visti i vari progetti in circolazione – su beni materiali.

 

In pratica, chi acquista un Nft acquista di fatto una sorta di certificato digitale inserito in una blockchain che consente di dimostrare il proprio diritto (di utilizzo, di proprietà, eccetera) su un bene, che sia digitale o meno. Il bene digitale non sta certamente nella blockchain, così come nel registro distribuito non si trovano generalmente né le condizioni del suo acquisto né i diritti dell’acquirente; nella blockchain ci sono soltanto le informazioni digitali gestibili dalla stessa. Per gli Nft l’idea di fondo è quella di attribuire esclusività e unicità (o comunque limitatezza) a “prodotti” in gran parte del mondo digitale, da sempre caratterizzato da un’accessibilità universale ai contenuti. Gli utilizzi e le possibili implementazioni sono molteplici. I maggiori utilizzi si registrano nei settori dell’arte, della musica, dello sport, dei giochi, ma anche dell’editoria. Nella musica, gli Nft sono stati venduti in relazione a taluni “pacchetti” che non comprendevano il solo brano musicale.

 

Poiché l’Nft non è altro che uno smart contract, l’idea è quella di automatizzare la gestione dei diritti d’autore. In questo senso va l’accordo tra la Siae e Algorand per la creazione di Nft rappresentativi dei diritti degli autori associati alla Siae.

 

Il campo della moda – ma anche quello dei concerti (si pensi alla possibilità di occupare un determinato posto) – è quello che certamente guarda al nuovo metaverso. Infatti, alcune case di moda hanno creato e stanno creando dei capi e accessori che potranno essere “indossati” – per il tramite di Nft – nella realtà aumentata. Nel settore dell’editoria si sono avuti già il caso di un giornalista del New York Times che ha venduto il proprio Nft legato a un articolo, così come stanno nascendo progetti di riviste a tiratura limitata e con contenuti esclusivi.

 

Non esiste un inquadramento giuridico degli Nft, e ciò vale sia per la creazione, la commercializzazione, l’utilizzo, la successiva rivendita, la tutela dei consumatori, così come risultano tutti da disciplinare gli aspetti legati alla proprietà intellettuale, diritti d’autore compreso. Tutto ciò ha chiaramente delle ripercussioni anche per le vicende tributarie: in assenza di una specifica disciplina giuridica, bisogna in molti casi attribuire rilevanza alla “sostanza economica”, qualora rilevante ai fini della tassazione.

 

In attesa del regolamento europeo Mica, destinato a disciplinare il mercato delle cripto-attività, si potrebbe sostenere che in taluni casi gli Nft possono rientrare nella definizione dei titoli rappresentativi di merci di cui all’articolo 1996 del Codice civile in quanto “esprimono” un diritto su un bene digitale o reale sottostante.

 

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