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Cessione d’azienda, i debiti inerenti riducono l’imponibile del registro

Negli accertamenti di valore sulle cessioni d’azienda Fisco e contribuenti finiscono spesso per litigare sui debiti. L’azienda, stante la sua natura di «complesso di beni organizzati» non comprende soltanto beni e rapporti giuridici attivi, ma anche le passività ad essa riconducibili (debiti, Tfr, eccetera). 

Appare dunque corretto che il valore dell’azienda ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro sia determinato tenendo conto – a riduzione di esso – delle passività aziendali trasferite al cessionario. 

La giurisprudenza ha evidenziato la necessità di valutare in concreto la consistenza dell’azienda oggetto della cessione, rispetto alla quale costituiscono indici rilevanti per la corretta tassazione dell’atto elementi quali:

  • l’appostazione contabile;
  • i documenti aventi data certa;
  • i titoli negoziali dedotti;
  • le clausole inserite.

È sicuramente errato considerare i debiti come «non inerenti a prescindere», mentre non è pacifico se l’onere probatorio gravi sul contribuente o sul Fisco.

Nella formulazione degli atti di cessione d’azienda è importante evidenziare la riconducibilità delle passività trasferite all’azienda ed evitare formule che richiamino l’«accollo», perché in tal caso si rischia non solo che l’ufficio ritenga tali passività non scomputabili dal valore lordo dell’azienda, ma addirittura che le consideri ad incremento della base imponibile in base al quale «i debiti o gli altri oneri accollati e le obbligazioni estinte per effetto dell’atto concorrono a formare la base imponibile».


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@ Beneggi e Associati | Commercialisti al servizio delle imprese | Meda | Milano

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