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Licenza e cessione di un marchio registrato da privato

Il marchio è quel segno distintivo che ha lo scopo di contraddistinguere tra loro tutti i prodotti ed i servizi messi in commercio nel territorio dello Stato; si tratta di un bene immateriale che gode di una protezione illimitata nel tempo e che può essere trasferito sia a titolo definitivo, tramite cessione, sia a titolo temporaneo, tramite licenza d’uso: «il marchio registrato può essere trasferito o concesso in licenza per la totalità o per una parte dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato, purché in ogni caso dal trasferimento o dalla licenza non derivi inganno in quei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell’apprezzamento del pubblico».

Il marchio è liberamente trasferibile, indipendentemente dall’azienda o da un suo ramo particolare, per la totalità o per una parte dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato. A queste variazioni civilistiche non ha corrisposto alcuna variazione della normativa fiscale.

Ai fini delle imposte dirette, con l’introduzione del T.U.I.R., la formulazione dell’art. 53, co. 2, lett. b), relativo ai redditi di lavoro autonomo è cambiata radicalmente; ora sono considerati redditi di lavoro autonomo «i redditi derivanti dall’utilizzazione economica, da parte dell’autore o inventore, di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule o informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico, se non sono conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali».

L’art. 53 del D.P.R. 917/1986 non menziona più, tra i redditi di lavoro autonomo, quelli derivanti «dall’utilizzazione economica dei marchi di fabbrica e di commercio». Pertanto, qualsiasi corrispettivo derivante dallo sfruttamento economico del marchio, tramite cessione o concessione, sembrerebbe aver perso i requisiti necessari per essere qualificato come reddito di lavoro autonomo.

La dottrina, invero non molto copiosa, ha cercato di interpretare il silenzio della legge al riguardo, tenuto anche conto che si è trattato di una variazione del testo precedente. Sono emerse delle ipotesi, e cioè che non si è in presenza di alcun reddito oppure che si tratta di reddito diverso.

Il reddito generato dalla cessione o dalla concessione in uso di un marchio configurava, fino al 1987, una tipologia di reddito di lavoro autonomo, con diritto all’abbattimento forfetario del 25%; dal 1988 la definitiva eliminazione di entrambe le fattispecie dal dettato normativo lascia aperte due strade alternative.

Il corrispettivo derivante dalla licenza o dalla vendita di un marchio da parte del titolare soggetto non imprenditore configura, allora, un’ipotesi di:

  • reddito diverso derivante da un obbligo di permettere (Quadro RL16 – Modello Redditi 2019 PF);
  • oppure nessun reddito.

La lett. c), co. 2 dell’art. 23 del D.P.R. 917/1986 prevede, invece, esplicitamente la rilevanza impositiva degli atti economici relativi al marchio compiuti da soggetti non residenti. La norma è applicata solamente quando il compenso pagato può essere qualificato come royalty e, pertanto, solamente nell’ipotesi in cui sia connesso all’utilizzazione e allo sfruttamento del bene immateriale.

 Ante Tuir (D.P.R. 597/1973)Tuir (D.P.R. 917/1986)
    Soggetti residentinon imprenditori– concessione in uso del marchio: reddito di lavoro autonomo ex art. 49, co. 2, lett. b).– concessione in uso del marchio: fattispecie scomparsa dal dettato normativo; due le alternative:reddito diverso ex art. 67, lett. l) – «obbligo di permettere»;nessun reddito.
– cessionedel marchio: reddito di lavoro autonomo ex art. 49, co. 2, lett. b).– cessionedel marchio: fattispecie scomparsa dal dettato normativo; due le alternative:reddito diverso ex art. 67, lett. l) – «obbligo di permettere»;nessun reddito.
 Soggetti non residenti– concessione in uso del marchio: reddito ex art. 19, co. 1, n. 9.– concessione in uso del marchio: reddito ex art. 23, co. 2, lett. c).
– cessionedel marchio: non costituisce reddito.– cessionedel marchio: non costituisce reddito.


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